Collo Shock – La gratitudine, il sentimento del giorno prima Presidente, sorridi con Dio degli idioti sulla terra
di CATERINA COLLOVATI
La gratitudine è il sentimento del giorno prima, amava ripetere con sarcasmo un certo Giulio Andreotti, dispensatore di massime tutte veritiere e descrittive di una particolare specie di uomini: i mediocri. Se ne è andato Silvio Berlusconi, un uomo capace più di altri, o meglio con una capacità più degli altri, con un entusiasmo più degli altri, con una generosità d’animo unica. Un uomo che ha saputo lasciare un segno, un’eredità. Un Re Mida moderno, qualsiasi cosa toccasse si trasformava in oro: dalle tv, al calcio, all’editoria, passando per l’edilizia fino alla politica. Ed è proprio qui che inizia la parte più difficile del suo percorso, al quale nè l’amatissima mamma Rosa, nè i figli avrebbero voluto si appassionasse. Da quel momento in poi non gli perdoneranno più nulla, vivisezioneranno ogni angolo della sua vita, lo perseguiteranno, ma lui si rialzerà sempre, proprio per quel desiderio di vita e di rinascita dopo le cadute, come ha ben descritto l’Arcivescovo Delpini nell’omelia funebre.
Dicevamo l’ingratitudine di molti, l’ipocrisia di altri, la cattiveria di altri ancora, degli sciacalli appostati da tempo. Eppure lui sorrideva agli insulti, come sempre l’Arcivescovo sottolineava nell’ottima predica: “E’ un uomo che amava la vita e ora incontra Dio”, il quale non gli chiederà conto di qualche scivolone che pure è ammesso nella vita terrena, bensì saprà apprezzarne la generosità di un animo unico, di un uomo che è stato capace di farsi amare più di altri e in un’epoca di belve travestite da umani non è cosa di poco conto.
Beninteso, Silvio Berlusconi ha diviso come ogni figura politica e come è legittimo che sia. Nessuno ne vuole fare un santo per il solo fatto di esser morto, ma insultare un morto appunto, offendere un corpo ancora caldo, cui prodest? Solo gli sciacalli appollaiati da tempo potevano riuscirci. Per loro l’occasione era troppo ghiotta.
Sono tanti coloro che dovrebbero vergognarsi. Tanti, un tempo anonimi, oggi noti anche grazie a Silvio, hanno vomitato parole al fiele, sintomo di un livore inspiegabile, sintomo di un odio che va ben oltre la disputa politica. Se a soccombere è l’uomo forte, l’uomo meschino si fa riconoscere perché non accetta le celebrazioni, l’abbraccio della folla verso chi è stato il più forte. E allora cosa fa? Si affanna in un patetico riepilogo di tutte le sciocchezze dell’antiberlusconismo, dimenticando che la società civile, che Berlusconi chiamava affettuosamente e molto semplicemente la gente, si è “rotta le balle” dei cattivi, degli odiatori, degli eterni critici a senso unico.
Perché il pensiero diverso è ammesso e sacrosanto, la malvagità no. È ora di stanare tutti i vigliacchi. È una questione di umanità, di rispetto, di uguaglianza, si di uguaglianza, perché di fronte alla morte siamo tutti uguali. Non a caso il grande Totò la chiamava la livella. Davanti alla morte non c’è distinzione tra ricchi, poveri, antipatici, donne, uomini. Proprio nel giorno della morte il rispetto e il silenzio dovevano essere obbligatori. Le invettive sulle pagine social, sui giornali e in tv da parte di chi apparentemente dovrebbe far funzionare il cervello, sono inaccettabili e disumane.
Però non dimentichiamo che parliamo di sciacalli e quelli, si sa, non si smentiscono mai.
Ma l’uomo che abbiamo salutato è stato un uomo forte, un leone e lo sarà anche da lassù.
Quindi ci piace credere che ora il Presidente stia sorridendo con Dio degli idioti sulla terra.
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