Migranti, Meloni vince con lo schema Tunisia
IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, GIORGIA MELONI CON IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA TUNISINA, KAIS SAIED
di FRANCESCA CHAOUQUI
Politiche migratorie. Salvataggi in mare. Accoglienza. Questi temi, al centro dell’agenda politica degli Stati membri dell’UE, sono tornati di strettissima attualità a seguito del naufragio avvenuto nella notte tra martedì e mercoledì al largo delle coste della Grecia. La conta dei morti si è fermata a 79 ma potrebbe arrivare fino a 600 se i 500 dispersi dovessero essere trovati senza vita. Ormai, le speranze che ci siano altri sopravvissuti sono davvero flebili e quella dell’Egeo si profila come la peggior strage di migranti di sempre.
Di chi è la colpa? Dove vanno rintracciate le responsabilità? Presto per dirlo. Le associazioni umanitarie puntano il dito contro la mancanza di tempestività nei soccorsi, la Guardia Costiera greca afferma di aver monitorato la situazione e che il peschereccio navigava tranquillamente fino a pochi minuti prima delle strage.
L’Italia precisa che l’imbarcazione era in area di ricerca e soccorso ellenica. Nella mattinata di martedì l’agenzia europea Frontex aveva inviato un allarme ai Centri di coordinamento del soccorso marittimo italiano e greco indicando un barcone in difficoltà. Dopo le opportune verifiche, era emerso che il peschereccio si trovava a 60 miglia nautiche dalle coste greche e a 260 dalle coste italiane. Roma aveva quindi contattato Atene fornendole tutte le informazioni per le operazioni di soccorso, che l’imbarcazione avrebbe rifiutato per ben due volte.
Delle circa 700 persone a bordo del peschereccio – tra cui un centinaio di bambini stipati nella stiva – ne sono sopravvissute poco più di un centinaio. Tra queste i nove scafisti arresti con l’accusa di omicidio colposo, traffico di esseri umani e affiliazione a un’organizzazione criminale. Per promuovere la tratta di esseri umani, la banda aveva aperto una pagina su Facebook su cui offriva il servizio di traversata del Mediterraneo, con un tariffario variabile da 4mila a 6mila euro a persona: un giro d’affari che fruttava dai 2 ai 3 milioni di euro a viaggio.
Numeri che non impressionano chi da anni si batte per cercare di arginare il fenomeno della tratta dei migranti con leggi ad hoc e partnership con i paesi di partenza dei barconi. Questa, prima ancora della politica emergenziale del soccorso e dell’accoglienza, è la strada da percorrere per implementare una politica migratoria efficace e condivisa in Europa.
Ne è convita la premier Giorgia Meloni che, ricevendo il primo ministro maltese, Robert Abela, ha ricordato che la strategia passa dall’approccio seguito sulla Tunisia con la visita strutturata di domenica scorsa, quando il nostro presidente del Consiglio ha reso possibile l’incontro tra la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, il premier olandese Mark Rutte e il presidente tunisino Kais Saied.
In quell’occasione è stata firmata una dichiarazione congiunta tra Ue e Tunisia, nella quale si legge che “nell’ambito del nostro lavoro congiunto sulla migrazione, la lotta contro la migrazione irregolare da e verso la Tunisia e la prevenzione delle perdite di vite umane in mare, è una priorità comune che comprende la lotta ai contrabbandieri e ai trafficanti di esseri umani, il rafforzamento della gestione delle frontiere, la registrazione e il rimpatrio nel pieno rispetto dei diritti umani”.
Temi più che mai attuali alla luce dell’ultima strage nel Mediterraneo, che rende ancora più importante la cooperazione tra l’Europa e i Paesi africani “per offrire alternative alle migrazioni illegali”, come affermato da Meloni nel corso dell’incontro con Abela.
Sulla stessa lunghezza d’onda la commissaria Ue per gli Affari interni, Ylva Johansson, secondo la quale “i trafficanti che mettono queste persone su queste barche non le stanno mandando verso l’Europa, le stanno mandando verso la morte. È assolutamente necessario impedirlo”.
Anche perché, come dimostrato finora, la politica della redistribuzione dei migranti non funziona. I governi dell’UE non ci pensano proprio a condividere l’accoglienza, tanto è vero che essa è soltanto una misura di solidarietà volontaria, facilmente sostituibile con un contributo economico.
Torna alle notizie in home