Chatgpt, ora lo dicono i fondatori “rischio per l’esistenza dell’umanità”
di UMBERTO RAPETTO
Non avevamo bisogno dell’invito dell’inventore di ChatGPT ad occuparci di questo tema, per comprendere la drammaticità che avvolge l’irrequietezza dell’intelligenza artificiale. E prima ancora che Sam Altmann dicesse che era necessaria una regolamentazione di quel delicato ambito, persino le Autorità comunitarie si erano già messe di impegno per tracciare la prima embrionale normativa, varando un preliminare “AI Act” addirittura il 21 aprile 2021 ed immaginando una armonizzazione legislativa che tenesse conto dell’irrefrenabile incedere del progresso tecnologico.
LE PREMESSE COMUNITARIE
La Commissione Europea in proposito si pone obiettivi specifici. Pretende tra l’altro la garanzia che i sistemi di Intelligenza Artificiale – immessi sul mercato e utilizzati – siano sicuri e rispettino il diritto vigente in materia di diritti fondamentali e valori dell’Unione. La CE non ha nessuna intenzione di limitare o ostacolare indebitamente lo sviluppo tecnologico, ma solo quella di stabilire un quadro giuridico solido e flessibile, cioè adattabile dinamicamente man mano che la tecnologia evolve oppure quando emergono nuove situazioni preoccupanti. L’Unione Europea non è la prima volta che si trova a legiferare su scenari magmatici e proiettati verso orizzonti ancora da definire. Nel 2000 la Direttiva 31 sul commercio elettronico, ad esempio, ha fornito il quadro di base per il funzionamento del mercato unico e la supervisione dei servizi digitali, stabilendo una struttura di base per un meccanismo generale di cooperazione tra gli Stati membri e coprendo in linea di principio tutti i requisiti applicabili ai servizi digitali. A guardar bene non è filato tutto liscio come l’olio, perché quel provvedimento ha evidenziato carenze su diversi fronti dell’auspicata cooperazione: gli aspetti procedurali si sono incagliati nella mancanza di tempistiche chiare per la risposta da parte degli Stati membri e nella pressoché nulla reattività alle richieste delle loro controparti. E’ necessario far tesoro di queste esperienze partite con entusiasmo e finite con lo sgretolare la fiducia nell’affrontare le preoccupazioni relative ai fornitori che offrono servizi digitali servizi transfrontalieri. I confini, le giurisdizioni territoriali, le divergenze locali hanno fatto sentire il loro peso e l’assenza di una governance centralizzata ha indebolito l’ “unione”. Le Autorità nazionali probabilmente collidono con un vero modello europeo di sinergia e la loro indipendenza non contribuisce a fare fronte comune o “comunitario”? Se quella dell’e-commerce poteva sembrare una battaglia impegnativa, è davvero difficile ipotizzare cosa succederà con l’ancora poco comprensibile “Intelligenza Artificiale” le cui proiezioni vanno ben oltre quello che la più fervida fantasia lascia immaginare. Le preoccupazioni sono legittime e trovano fondamento nei pericoli che fanno capolino ogni qualvolta si tratteggi qualche nuova sofisticata applicazione tecnologica.
I RISCHI CHE SAREBBE
BENE CONOSCERE
Non sono affatto pochi gli esperti a temere che il rapido ed incontrollato sviluppo dell’intelligenza artificiale possa avere impreviste conseguenze disastrose per l’umanità. Spaventa l’apprendimento automatico che arricchisce il sapere delle “macchine” e incrementa la loro forza già sbilanciata da una sempre più esagerata capacità di calcolo, che riesce ad elaborare le conoscenze a disposizione ad una velocità impressionante. Le soluzioni hi-tech progettate per assistere gli esseri umani nella loro vita quotidiana e fornire al mondo un accesso aperto alle informazioni hanno innescato facili entusiasmi senza lasciare il minimo tempo per ragionare su quel che stava accadendo e cambiando: il veder automatizzare attività che in precedenza erano prerogativa di gente in carne ed ossa (come scrivere un testo o redigere un progetto), non ci ha fatto pensare a che altro può combinare un “cervello elettronico” come romanticamente amavamo dire tanti anni fa. E’ facile a capirsi che i sistemi di intelligenza artificiale possono articolare idee complesse in modo coerente e rapido grazie a grandi “set” (o quantitativi) di dati e informazioni memorizzati o comunque accessibili, ma non c’è alcuna certezza di attendibilità del risultato perché la “IA” non distingue i dati veri da quelli falsi, non riconosce se si parla sul serio o se si sta scherzando. Piattaforme come ChatGPT (e stiamo parlando di “pret-a-porter”…) sono l’habitat della disinformazione. La nebulosità degli algoritmi che animano le capacità operative dell’intelligenza artificiale inquieta. La ratio del funzionamento è costruita da esseri umani che è impossibile siano immuni da determinati pregiudizi politici e sociali o, peggio, è improbabile non prendano ordini dal loro padrone o dal suo committente. La tanto plaudita “IA” non mette paura perché cancellerà ovviamente posti di lavoro, ma terrorizza perché sarà il supporto alle decisioni di chi governa, amministra e comanda. Se i politici riescono a fare danni anche da soli e prendono ordini da chi li ha fatti assurgere a questo o quel ruolo, sarà ancor peggio quando sarà un computer a disporre, stabilire, scegliere e non ci saranno successive chiamate alle urne per “punirlo”. Tralasciamo l’apocalittica previsione di una “macchina” al comando delle truppe in un conflitto, perché potremmo rimpiangere leader accecati dalla furia devastatrice o da nostalgie imperialistiche. Chi dovrà regolamentare faccia il sacrificio di considerare la “IA” come un’arma micidiale, prevedendo trattati di non proliferazione come già accade per gli arsenali nucleari, missilistici, biochimici… Per una volta, al diavolo l’ottimismo. Si pensi al peggio.
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