Cultura & Spettacolo

Le parole giuste di Pellegrino e il potere dell’arte nei luoghi di cura

di Nicola Santini -


Le parole, cancellando ogni forma di incomunicabilità, divengono strumenti di creatività.
“In questo progetto voglio dare valore alle “parole giuste” che incarnano sentimenti ed emozioni, due dimensioni da curare, ma anche da saper distinguere. Il mio lavoro si esprime su due livelli digitale e fisico, in entrambi le parole vengono collocate in luoghi simbolici.” Con questa frase Domenico Pellegrino spiega il senso della sua mostra in corso a Palermo negli spazi di ARNAS Ospedale Civico Di Cristina Benfratelli.
Sono tre le parole luminose che l’artista Domenico Pellegrino presenta al Nuovo Polo Oncologico (padiglione 24) dell’ospedale Civico Di Cristina Benfratelli di Palermo, all’interno di una programmazione di eventi artistici ideata dal Rotary Club Palermo Est che ha lanciato quest’anno il format MOMA – Malati Oncologici Mobilitano Arte, progetto di umanizzazione dei luoghi di cura, sotto il coordinamento di Lidia Maugeri, socia del medesimo sodalizio. “Portare l’arte nei luoghi di cura, nelle diverse declinazioni con cui si può manifestare, significa dare attenzione non solo al degente ma anche all’operatore sanitario e a quanti, familiari ed amici, si trovano a frequentare l’ospedale” dichiara il Presidente del Rotary Club Palermo Est Sergio Cacopardi.
La mostra dal titolo “Le Parole Giuste #3” si inserisce nel calendario della Settimana delle Culture e rimarrà aperta fino al 18 giugno.
“Le parole sono convenzioni, sono gesti, con le parole si segnano le tracce fondamentali delle nostre vite, in tutti i casi è la parola che ci rende umani. Le parole luminose di Domenico Pellegrino, sono capaci di splendere come mito, fuori dalla storia”. Racconta il curatore Vito Chiaramonte.
Domenico Pellegrino, classe 74 che vive a lavora a Palermo, è noto come l’artista della luce, le sue sculture in legno o resina mantengono un legame stretto con le tradizioni mediterranee. Le sue opere sono state scelte dalla Disney per StarWars, ha collaborato con la maison Hermés e Dior. Ha esposto alla 58° Biennale d’Arte di Venezia, a Manifesta12, a Palermo Capitale della Cultura, solo per citarne alcune, e inoltre oltre 28 mostre personali e 76 mostre collettive. La sua ultima grande opera in luce e legno, è il simbolo di Procida Capitale della Cultura 2022.
E’ opera sua il genio contemporaneo, la scultura dedicata al Genio di Palermo esposta all’Orto Botanico di Palermo.
Vito Chiaramonte la racconta così: “Le parole sono convenzioni. Sono la convenzione per eccellenza. Esiste qualcosa chiamato “amore”. Che in un’altra lingua ha un altro nome. Quell’altra chiamata “forza”. Ma in altre lingue esistono altri nomi per dire forza, e forse ci sono lingue in cui nessuna parola dice esattamente quello che intendiamo con “forza”. Esiste la possibilità di sentirsi nuovi, di venire al mondo, di dirsi rinnovati. Ma in quanti modi si può dire “rinnovarsi”? Forse in tutti modi in cui ci si può rinnovare o apportare un’ innovazione. Esistono le parole, ed esiste il mio modo speciale e personale di usarle. Esiste, così, la possibilità di dire che si stanno usando le parole giuste perché hai la percezione di aver rispettato la convenzione corretta, quella che meglio lega il suono alla cosa. In questo senso le parole possono dire la verità o mentire, svelare o nascondere. O creare infinite sfumature. Altre chiavi di lettura, tuttavia, ci dicono se le parole sono quelle giuste. Le parole sono l’esercizio di un potere. Con le parole si segnano le tracce fondamentali delle nostre vite, di fronte al potere, e possono esprimere un impegno, perfino un vincolo, se sono la parola data. Le parole, infine, sono gesti. E i gesti sanno essere giusti o sbagliati in un modo speciale. Sono sbagliati, spesso, i gesti convenzionali, mentre ci sembrano giuste, o addirittura eroiche, le parole/gesti che non rispettano le convenzioni e che infrangono la regola della descrizione del mondo (alla ricerca di un altro mondo): sono le parole dei grandi profeti, dei poeti, di chi prega, di chi nutre il dubbio, dei bambini che imparano a parlare, di chi esprime un desiderio. In tutti i casi è la parola che ci rende umani”.


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