IN GIUSTIZIA – Il diritto alla casa
di ELISABETTA ALDROVANDI
Forse ci siamo. Forse, coloro che subiscono da anni l’occupazione abusiva della propria casa da parte di sedicenti bisognosi che antepongono le loro necessità, reali o pretestuose che siano, ai diritti altrui, potranno avere giustizia. Ma non quella giustizia formale, scritta tanto bene sulla carta e così altrettanto bene difficile da attuare nella realtà. Non quella giustizia che, spesso, varcata le aule di tribunale si trasforma nel suo contrario, mortificando legittime aspettative di coloro che, credendo in lei, le si sono affidati fiduciosi di ottenere tutela ai loro diritti violati. Ma una giustizia diversa, cui è impressa un’accelerazione e che, per la mentalità a volte così politicamente corretta da risultare indigesta, potrà far storcere il naso a più di qualcuno. In Commissione Giustizia alla Camera dei Deputati, infatti, ieri si è tenuta l’audizione informale di ben sette progetti di legge, rivolti a modificare l’attuale normativa che disciplina le modalità con cui il proprietario di un immobile, sia esso un ente pubblico o un cittadino, può ottenerne la liberazione nel caso in cui sia occupato illegittimamente.
Un’audizione alla quale, come presidente dell’Osservatorio Nazionale Sostegno Vittime, sono stata invitata a relazionare, esprimendo pareri e suggerimenti. La ratio di questa riforma nasce anche dalla spinta propulsiva delle varie inchieste mediatiche che hanno portato alla luce innumerevoli casi, sparsi in tutta Italia, di case popolari o di privati occupate senza diritto da persone che, ricorrendo spesso a violenza e a minacce, si appropriano di ciò che non appartiene loro, togliendo quel diritto agli altri. Attualmente, l’occupazione abusiva di un immobile è sia un illecito civile, che obbliga l’autore alla restituzione e al risarcimento dei danni, sia un reato procedibile a querela di parte, ed è punito con la reclusione sino a tre anni. La vittima, oltre a potersi costituire parte civile nell’ambito del procedimento penale, può cercare di recuperare il possesso dell’immobile abusivamente occupato con l’azione civile di reintegrazione, esercitabile non solo dal proprietario del bene, ma anche da chi disponga ad altro titolo dell’immobile, come ad esempio l’usufruttuario o il conduttore. Ottenuta la sentenza di reintegra del possesso, se l’occupante si rifiuta ancora di rilasciare l’immobile si deve procedere con l’esecuzione forzata. Sulla carta è tutto molto lineare, e neppure troppo complicato. È la pratica, che cambia tutto. Non soltanto perché l’esecuzione di tutti i passaggi necessari per arrivare alla sentenza che condanna l’occupante a liberare l’immobile richiede tempo, denaro, e attività legale intensa e complicata da un punto di vista burocratico, bensì perché pure la fase di esecuzione della sentenza è altrettanto, se non ancor più, lunga e difficile. E così, accade di sovente che il proprietario di un immobile debba aspettare anni e spendere migliaia di euro per tornare in possesso di ciò che è suo, con la certezza di non recuperare un euro di quanto speso, e il timore di ritrovarsi la casa distrutta da chi, per nulla tenenza e faccia tosta, non ha niente da perdere. In questo quadro così sconfortante, un cambio di rotta che acceleri la liberazione di quanto indebitamente occupato, evitando alla persona offesa tempi morti ed esborsi a volte insostenibili, è fondamentale: e così, in sede di audizione, si sono discusse proposte di legge che, da un lato, aumentano notevolmente le pene per questo tipo di reato (arrivando fino a sette anni di reclusione), e dall’altro forniscono alle forze dell’ordine il potere di procedere all’arresto in flagranza degli occupanti, qualora questi non collaborino, rifiutino di fornire le loro generalità o di aprire la porta agli agenti. Una soluzione che certamente velocizza l’attuale procedura, anche se restano alcune domande aperte, peraltro palesate in sede di audizione: ossia, se quel termine di 48 ore previsto per la liberazione dalla denuncia è perentorio, se esistono risorse adeguate per provvedere a tutte le liberazioni (si stima che in Italia siano circa 50mila le case occupate), e soprattutto se, nelle more dell’udienza di convalida diretta a decidere la custodia in carcere o la più probabile liberazione dell’arrestato, il proprietario abbia la facoltà di liberare la propria casa di quanto portato dagli occupanti, senza obbligo di diventarne custode, cambiando immediatamente la serratura, senza correre il rischio di cadere nel reato di esercizio arbitrario dei propri diritti. Osservazioni che si auspica siano prese in considerazione, perché se riforma dev’essere, lo sia tale da cambiare lo stato di fatto. E non solo, di diritto.
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