Editoriale

OCCIDENTALI’S KARMA

di Tommaso Cerno -

Tommaso Cerno


La parola d’ordine sembra essere arrivata imperativa per tutti, come si diceva una volta. Tutti i Paesi dell’Unione Europea, che Zelensky ha visitato in queste ore: vincere! Parola che conosciamo, ma che pronunciata nella sua veste democratica è il nuovo “Occidentali’s Karma”, Se, come pare, l’Europa, intesa nel senso dei cittadini che la popolano e che vanno a votare per scegliere chi la governa, è attraversata da un senso di stanchezza e sfiducia verso la strategia finora portata avanti dalla Nato, un sostegno all’Ucraina nel nome della Resistenza, c’era bisogno di uno scossone. E così il disco cambia e i “resistenti” diventano quelli della controffensiva annunciata dal presiente ucraino. Tutto giusto ma allora non è più fantascienza immaginare due possibili variazioni del copione finora messo in scena. La prima riguarda la reazione russa che potrebbe alzare il livello bellico proprio in virtù della fatica sul campo, arrivando a immaginare l’utilizzo di ordigni nucleari. Solo che in Occidente continuiamo a chiamarli tattici, e a dirci che in fondo sono piccole bombe atomiche con nessuna similitudine con quelle strategiche lanciate sul Giappone un ottantina di anni fa. Una bella scemenza. Il secondo scenario è che dopo avere pronunciato la parola Vittoria, questa debba essere raggiunta a tutti i costi e quindi con l’impegno diretto di militari che finora hanno fatto finta di non centrare nulla con la guerra sul campo. Militari Nato, cioè i nostri. Nell’augurare buona fortuna ai vertici Nato e al governo, mi permetto di ricordare che rispetto al primo decreto con cui il governo italiano ha chiesto al Parlamento l’autorizzazione a inviare armi difensive in Ucraina per supportare la resistenza ai carri armati di Putin, con l’obiettivo di portare Kiev al tavolo di trattativa per la pace in una posizione di forza, tutto quello che è avvenuto in questo quasi anno e mezzo di guerra e soprattutto quello che Zelensky è venuto a dirci in Europa in queste ore è qualcosa di molto diverso. Il problema è che era tutto già scontato e previsto. Come era previsto quello che sta per avvenire e cioè una corsa al riarmo dell’Unione Europea vincolata alle necessità della Nato, proprio perché in qualunque modo finisca questa guerra raccontata a metà da chi la sta conducendo, lo scenario internazionale che uscirà da quei territori complessi e martoriati non è uno scenario di pace globale, non è uno scenario stabile, non è uno scenario chiaro. E l’Europa deve trovare il modo, in ogni caso, di avere un ruolo autonomo nella gestione dei propri nuovi ipotetici confini, ruolo che finora non ha avuto in una guerra che solo dal punto di vista militare si svolge in Ucraina, ma dal punto di vista strategico e degli effetti sociali e finanziari è già da molto tempo uscita da quei confini. E se è vero che il destino dell’Ucraina verso l’Europa è ormai tracciato, così come fra poco emergerà la necessità di una protezione internazionale che riaprirà quindi il dossier Nato che in questi mesi davamo per inesistente, non è altrettanto vero che sia segnato il destino di Bruxelles. Attorno a questa guerra ci sono interessi diversi da quelli territoriali e un campo di battaglia, benché solo ideale, che si allarghi al continente è desiderio di molti protagonisti sullo sfondo del primo conflitto globale in campo locale che la modernità abbia immaginato.


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