Attualità

“Ormai si nasce solo nelle città Ecco come provare a cambiare”

di Edoardo Sirignano -


“Si nasce solo nelle grandi città. Nei piccoli borghi si può vivere meglio, ma la politica non fa niente per renderli attrattivi”. A dirlo il paesologo Franco Arminio.
Perché i centri rurali sono sempre più vuoti?
Non si può nemmeno provare a fare figli perché, salvo qualche caso eccezionale, non ci sono coppie giovani. Queste ultime tendono ad andar via. Preferiscono fare famiglia altrove. Nell’entroterra del Paese, il loculo è più centrale della culla.
Si parla del problema da anni. Perché non si trovano le contromisure?
Non vedo segnali di attenzione da parte di una classe dirigente disattenta. Non ci sono eccezioni tra i governi che si sono alternati negli ultimi trenta anni. Nei fatti, non c’è mai stata una risposta efficace. Lo stesso flusso turistico è orientato esclusivamente sulle grandi città. Tutti i piccoli centri, invece, sembrano essere lontanissimi e non riescono ad intercettarlo. Non ci sono politiche tese a favorire la presenza di visitatori nei centri lontani dalle metropoli.
Perché?
Molti di questi luoghi non sono ben collegati. È facile arrivare dove si ferma la Freccia. Le ragioni, comunque, sono diverse. Ci vorrebbe un libro per spiegarle nel dettaglio.
Cosa bisogna fare per rendere le aree interne protagoniste?
C’è una strategia, concepita anche bene, che però non ha mai avuto grandi risorse finanziarie. Andrebbe ripensata. È come un padre che non presta attenzione al figlio. La fragilità richiede interesse. Mi riferisco a politiche specifiche, servizi ad hoc, scuole, trasporti, sanità e filiere. Ogni luogo ha delle risorse da valorizzare. Ciò va fatto con grande convinzione.
I paesi, intanto, muoiono…
Non è vero! Si svuotano, ma tenacemente resistono. A parte qualche comune abbandonato per il terremoto o per altre ragioni specifiche, sono creature che, per fortuna, non si arrendono facilmente.
Potrebbe esserci un ritorno alle comunità?
Nel paese è più facile vivere la vita comunitaria. È la risposta naturale a quell’individualismo che il capitalismo esasperato ci suggerisce. I problemi del mondo si possono risolvere solo unendo le forze. Se ogni essere umano segue la propria strada, dimenticando gli altri, non c’ è avvenire. È stato scritto un documento, negli ultimi giorni, in Usa in cui si parlava di epidemia della solitudine. Questo è dovuto a un modello urbano iper-produttivo e consumista. Tornare ai territori, pertanto, è un chiaro indirizzo politico, anche dal punto di vista ecologico. Serve riattivare il nostro modo di abitare il mondo, che deve essere necessariamente più sano rispetto al recente passato. Il Covid dovrebbe averci insegnato qualcosa.
Perché i giovani fanno meno figli?
Tutto è legato all’incertezza lavorativa odierna e poi al fatto che le unioni sentimentali sono più fragili. Si ha difficoltà a costruire rapporti che durino una vita. Fare un figlio, però, richiede una percezione più profonda di determinati valori. Una sorta di frammentazione-atomizzazione, purtroppo, riguarda anche la parte interiore dell’essere umano, non solo la struttura del lavoro, della società.
Perché si diventa mamma o papà sempre più tardi?
Fino a trenta anni, soprattutto al Sud, è difficile avere un lavoro stabile e quindi è quasi impossibile costruire un progetto di vita. In Italia, purtroppo, non si investe molto sui giovani. Tanti gli slogan, ma pochi i fatti. Se si creassero delle situazioni per tenere i ragazzi nei paesi, per far tornare quelli che sono andati via, certamente si potrebbe invertire il meccanismo.
Nei territori la vita costa certamente meno…
Nei borghi c’è un grande patrimonio edilizio vuoto. Con i soldi con cui a Milano puoi fittarti un buco, in un paese puoi avere una strada intera. Questo è il paradosso. Se tutti, però, vanno nel capoluogo lombardo perché l’economia gira intorno a quel centro, siamo al punto di partenza. Una cosa è certa, quando in un posto si chiudono gli ospedali e le scuole, non arrivano i treni e i pullman, è chiaro che si scoraggia la residenza. Non si può chiedere a un ragazzo di fare l’eroe.
Come agevolare il ritorno alle comunità?
Basta osservare la questione dei costi energetici. In una casa sul mare si spende un quarto rispetto a una situata a mille metri d’altezza, dove un operaio si gioca un quarto dello stipendio per pagare le bollette. Lo Stato, però, non ne tiene conto. Non ci sono tariffe differenziate.
I migranti possono sopperire al calo demografico?
Certamente! Il modello Riace è noto a tutti. Migranti, turismo e agricoltura sono aspetti collegati tra loro. Persone che fuggono dalla guerra, in molti contesti, già stanno riempiendo centri storici abbandonati. Il nodo è che nei piccoli comuni anche chi arriva da fuori ha difficoltà a trovare un lavoro dignitoso. Lo sfruttamento, purtroppo, tende a prevalere. I problemi occupazionali non riguardano solo le persone del posto.

Torna alle notizie in home