Il piano pandemico “non era stato rinnovato” e pertanto è risultato “assolutamente inefficace” a “combattere il Covid”. Parole e musica dell’ex ministro alla Salute Roberto Speranza che ieri è sfilato, insieme all’ex presidente del consiglio Giuseppe Conte, davanti ai giudici del tribunale dei ministri di Brescia. Conte e Speranza sono stati interrogati ieri nell’ambito dell’inchiesta Covid avviata dai magistrati della Procura di Bergamo. Ad accoglierli davanti al Palazzo di Giustizia di Brescia una folla di manifestanti legati ad aree no-vax che, sotto la pioggia, hanno intonato slogan e srotolato striscioni durissimi all’indirizzo dell’ex inquilino di Palazzo Chigi e dell’ex titolare del Dicastero alla Salute. Su tutti, uno dei messaggi faceva il verso a una delle raccomandazioni più gettonate durante il periodo più duro della pandemia: “In vigile attesa di vedervi in galera”.
Speranza, davanti ai giudici bresciani, ha ammesso che il piano pandemico non era stato aggiornato. Ma, come ha riferito il suo legale, Guido Calvi, ha ribadito che è stato “fatto di tutto per tutelare la salute degli italiani”. Speranza, come ha riferito il suo avvocato, ha parlato per quasi mezz’ora con i giudici. A cui ha ribadito di aver “fatto tutto ciò che doveva fare”. Sul piano pandemico, uno dei punti cardine dell’indagine, Speranza ha sottolineato la sua inefficacia sarebbe stata dichiarata “dall’intera comunità scientifica”. Per il suo difensore, Speranza dovrebbe “rivendicare meriti” dal momento che “l’Italia è stata la prima a prendere provvedimenti”.
Anche Giuseppe Conte ha risposto alle domande dei giudici. L’interrogatorio del leader M5s è durato per circa un’ora. Il suo avvocato, Caterina Malavenda, ha riferito che oggetto del colloquio è stata, principalmente, la questione legata alla mancata istituzione della zona rossa in Valseriana. “Conte ha spiegato il verbale del 2 marzo pomeriggio sulla mancata zona rossa in Valseriana. Ha spiegato e ha dato la sua versione. È stato esauriente, abbiamo fiducia nei giudici”. L’interrogatorio è risultato importante anche perché, questa volta, “a differenza di quanto accaduto nell`interrogatorio reso il 12 giugno 2020 in procura a Bergamo, Conte aveva a disposizione la nota del Comitato tecnico scientifico del 2 marzo 2020”. Insomma, ha potuto ricostruire
con documenti alla mano le fasi concitatissime oggetto dell’inchiesta dei magistrati bergamaschi per fare luce sulle responsabilità politiche e istituzionali durante le prime settimane della pandemia. A cui il territorio di Bergamo e della Lombardia ha pagato un prezzo altissimo, che si è impresso nell’immaginario collettivo nazionale con le sfilate dei mezzi militari per le bare, le pagine dei giornali locali fitte di necrologi.
Le famiglie delle vittime hanno atteso l’interrogatorio di oggi e sperano che siano emersi nuovi elementi utili a fare luce attorno ai fatti della pandemia. L’avvocato Consuelo Locati, che rappresenta proprio le famiglie, ha spiegato a Radio Cusano Campus che “nessuno cerca vendetta” ma che l’obiettivo è quello di fare in modo che “chi ha governato si prenda le sue responsabilità”. Locati ha spiegato: “Nessuno dei familiari delle vittime ha mai agito spinto dalla sete di vendetta. L’unica motivazione che ha spinto centinaia di persone a depositare gli esposti è la necessità di avere delle risposte, che tra l’altro la Procura di Bergamo ha fornito con questa informativa coraggiosa. Noi vogliamo che chi ci ha governato per la prima volta nella storia si metta davanti ai cittadini e risponda delle proprie azioni, a prescindere da quello che sarà l’esito delle vicende giudiziarie”. Il legale ha concluso: “Quello che vogliamo è solo avere una motivazione di tutto quello che è stato adottato e non è stato adottato come scelta e ha avuto conseguenze e ripercussioni pesantissime in tema di mortalità”.
Intanto, davanti al Palazzo di giustizia di Brescia, c’erano anche gruppi di manifestanti anti-green pass. Che non hanno dimenticato la tensione di quei mesi. E che hanno “atteso” Speranza e Conte fuori dal tribunale. La loro attesa, però, è rimasta delusa dal momento che, come ampiamente prevedibile, sia l’ex ministro alla Salute che l’ex premier sono usciti da un ingresso secondario dell’edificio eludendo, così, la folla che avrebbe voluto contestarli.