FRANZA O SPAGNA FINCHE’ SE LAGNA
Fossi nella sinistra, mi preoccuperei. Francia e Spagna contro il governo di Giorgia Meloni suonano come un campanello d’allarme in vista delle europee. Un campanello d’allarme che non suona per la destra italiana, ma suona piuttosto quella chiamata alle armi dell’asse culturale sinistra centro che teme per la prima volta una maggioranza diversa a Strasburgo. Il fatto che dalle capitali estere due leader in calo nei sondaggi si prendono la briga di sparare a zero contro un governo di un Paese alleato, mostrando fra l’altro che l’Unione Europea è in uno stato di crisi in cui non versava da decenni, è un messaggio molto chiaro anche alla sinistra italiana, che finora era sempre stata in grado di vedersela da sola in campo europeo, quasi fosse la garanzia che l’Italia non avrebbe generato problemi. Ma visto come sta messa la sinistra in Italia oggi, l’Europa che ha il terrore di una vittoria della destra atlantista alle prossime elezioni, fra poco più di un anno, scende in campo in prima persona. E così Franza o Spagna finché se lagna, le sparate da Madrid e Parigi si fanno quotidiane, offendono non solo il nostro governo ma gli italiani che l’hanno votato, mettono in un certo imbarazzo anche quel Presidente della Repubblica Sergio Mattarella che quasi ogni giorno ribadisce da un lato la piena fiducia nella capacità dell’Europa di ritrovare lo spirito originale dei fondatori e di rilanciare l’alleanza fra i Paesi strategici per risolvere o almeno frenare la crisi dei grandi temi che oggi creano allarme fra i popoli europei, primi fra tutti le grandi migrazioni e la crisi economica in cui segue l’innalzamento dei tassi, l’inflazione, il caro energia. E in secondo luogo si è fatto più volte mediatore nei toni e nei contenuti proprio fra il governo Meloni, insediato da poco, e un certo scetticismo che proveniva dalle cancellerie dei nostri partner principali. Un atto dovuto ma anche voluto visto che se uno non è un fesso o in cattiva fede sa benissimo che tale scetticismo non derivava dalla percezione di una incapacità della destra italiana di mantenere saldo l’asse con gli Stati Uniti e la Nato ma al tempo stesso di porre alcune questioni al centro del tavolo in maniera più decisa, ma piuttosto dal timore che l’affermazione di un governo di destra a più di 10 anni dalle dimissioni indotte proprio dall’Europa di Silvio Berlusconi, potesse aprire una fase in cui in tutta Europa non sarebbe più stato un tabù immaginare maggioranze alternative alla guida della Commissione. Se si aggiunge il fatto che il governo Ursula all’Italia almeno ha portato solo sciagure, e questo ormai lo dice anche una buona parte della sinistra, almeno quella non imbavagliata dentro una narrazione che confonde europeismo e masochismo avanzato, non è difficile immaginare quanto ora la percezione di instabilità si sia trasferita da Roma a ben altre capitali europee. Forse perché la vittoria del centrodestra italiano in verità ha 30 anni di storia e se pure in forma nuova, con nuove criticità ma anche nuove visioni, pare avere come primo effetto il ridimensionamento di quei governi Visegrad che sembravano davvero essere un elemento di instabilità incompatibile con il sistema di Bruxelles. E così oggi sì è rovesciata la partita: chi teme di perdere le elezioni sono proprio i Paesi più simili all’Italia, Francia e Spagna, che vedono nel governo di Roma un modello attraente per l’elettorato di destra dei rispettivi Paesi senza che questo comporti particolari instabilità nel sistema internazionale e meno che meno con gli Stati Uniti d’America. E così ci aspetta una campagna elettorale per le Europee dove l’Italia sarà protagonista due volte: al proprio interno ci godremo la sfida fra le due donne ai vertici di destra e sinistra, Giorgia Meloni ed Elly Schlein. E dall’altra vedremo tirare al bersaglio su di noi da tutti questi alleati che hanno idea di sfruttare per ragioni di politica interna l’immagine dell’Italia e le sue contraddizioni. Senza dimenticare che parliamo nel caso di Macron di un presidente in grave difficoltà che è riuscito a trasformare Parigi nel teatro di una guerra civile che forse racconta meglio di ogni altra cosa come lui non abbia colto la natura profonda del disagio che lo circonda, e quanto sia proprio per l’Eliseo molto pericoloso oggi spostare l’attenzione dei francesi su quanto sta succedendo in Italia. Perché se da una parte questo può allertare contro l’idea di una vittoria della destra francese, lepenista, dall’altro potrebbe incuriosire. Proprio perché i francesi sono sciovinisti, patrioti e soprattutto non sono scemi. E tutto questo disastro e questo fascismo che un po’ goffamente riempie la bocca di chi ancora non ha trovato una chiave migliore di analisi dei punti deboli del governo, in realtà non sembra spaventare nessuno. Tanto meno le sacre istituzioni dell’Europa e dell’Alleanza Atlantica. Quello che manca insomma è una sinistra italiana capace di formare un’idea alternativa di Paese da proporre agli italiani e all’Europa, sostituendo questo disco rotto che non porta da nessuna parte, con visione rumorosa e non più rancorosa, incapace cioè di farsi ascoltare da quei milioni di italiani che sono stanchi della retorica e della morale del momento.
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