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INGRANDIMENTO – Ecco chi perderà la poltrona per “piazzare” Fuortes

di Angelo Vitale -


Già tutti lo hanno ribattezzato Decreto Fuortes, preparato apposta a Palazzo Chigi per sfilare la poltrona di ad della Rai a Carlo Fuortes e farvi accomodare probabilmente il più conciliante Roberto Sergio. Lo spoil system praticato da tutti i governi, insomma, ha preso una deriva “contra personam”. Un decreto che avvierebbe un tourbillon di passaggi di poltrona. La prima a saltare sarebbe quella di sovrintendente del Teatro San Carlo di Napoli, dove Stéphane Lissner lascerebbe il posto proprio a Fuortes. L’articolo 2 del decreto legge approvato il 4 maggio dal Cdm, infatti, interviene in materia di fondazioni lirico-sinfoniche, azzerando le norme precedenti e stabilendo che “alle fondazioni lirico sinfoniche il divieto di conferimento di incarichi, cariche e collaborazioni si applica al raggiungimento del settantesimo anno di età”.
Una norma retroattiva, quindi, che si è attirata già l’accusa di essere palesemente illegittima sotto il profilo costituzionale, violando il principio dell’affidamento finora salvaguardato dalla Corte Costituzionale. Nella sentenza n. 108 del 2016, infatti, la Corte scrive che “il principio dell’affidamento, benché non espressamente menzionato in Costituzione, trova tutela all’interno di tale precetto tutte le volte in cui la legge ordinaria muti le regole che disciplinano il rapporto tra le parti come consensualmente stipulato” e che “non è consentito che la fonte normativa sopravvenuta incida irragionevolmente su un diritto acquisito attraverso un contratto regolarmente stipulato secondo la disciplina al momento vigente”.
Come andrà a finire? Lissner, pare, è pronto ad un ricorso che sarà inoltrato al Tribunale del Lavoro e che è quindi destinato a congelare ogni mossa per il Teatro San Carlo che riguardi Carlo Fuortes, lasciandolo sulla poltrona di via Mazzini ancora per molto, salvo un terremoto che azzeri il Cda Rai per le dimissioni contemporanee di tutti i suoi componenti.
Ma il decreto Fuortes rischia di provocare un effetto domino negli enti lirici nazionali forse superiore e più travolgente di quello previsto dalle intenzioni della maggioranza di governo che lo ha partorito.
Entro il 10 giugno, infatti, salterebbero nel Consiglio di indirizzo del Teatro alla Scala di Milano due poltrone sulle quali da tempo si sono accomodati due personaggi di rango dell’economia e della finanza: Giovanni Bazoli e Francesco Micheli. Bazoli, per molti Nanni, nipote di Luigi, uno dei fondatori del Partito Popolare di Luigi Sturzo e figlio di Stefano che fu deputato alla Costituente, è stato uno dei protagonisti della storia delle banche italiane, alla San Paolo di Brescia, al Banco Ambrosiano e al Gruppo Intesa Sanpaolo, ove inciampò anche nell’inchiesta Ubi, accusato di illecita influenza sull’assemblea che decideva la governance dell’istituto, uscitone assolto nel 2021 con una sentenza confermata pochi giorni fa. Ispiratore delle Gallerie d’Italia e di programmi per la valorizzazione dell’arte, è appassionato anche di calcio. recenti, i suoi apprezzamenti al bel gioco del Napoli, in occassione dei 90 anni festeggiati nel dicembre scorso. Di caratura analoga, nel campo della finanza, la figura di Francesco Micheli, di 5 anni più giovane di Bazoli. Parmigiano, sempre al centro delle vicende che hanno regolato le mosse di Piazza Affari da Ligresti ad oggi, cuore “politico” a sinistra, passioni per la classica e il jazz, considerato il vero deus ex machina della Scala. Assai difficile che Bazoli e Micheli non facciano diventare roventi i pulsanti che il governo Meloni vuole premere.


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