Salute tech, arriva la biorisonanza per i nostri amici a quattro zampe
di IRENE GIUROVICH
Non solo per gli esseri umani.
La biorisonanza terapeutica può essere eseguita anche sugli animali affetti da varie problematiche fisiche. Qualcuno ha già iniziato a praticare queste sedute sui pet ammalati. Non solo veterinari, ma anche sanitari e biologi seguono i corsi sull’utilizzo dello strumento. L’animale, come la persona, viene adagiato sul lettino e l’operatore imposta il programma più adatto per gestire la criticità. Abbiamo parlato con uno dei massimi esperti in Italia, il formatore e operatore Claudio Michieletto.
Che cos’è la biorisonanza terapeutica?
E’ uno spettro di informazioni vibrazionali che generano delle frequenze che entrano in vibrazione con il sistema di ogni essere vivente. Queste informazioni sono inserite con tecnica elettronica in una console e inviate ad un emettitore per essere trasmesse.
Quando è nata e grazie a chi?
Negli anni ’40-’50 nasce la magnetoterapia; successivamente la biorisonanza diventa la sorella maggiore della magneto verso gli anni ’90. Studi russi prima, tedeschi e italiani poi, l’hanno perfezionata.
Quali sono gli usi possibili in generale e per quali scopi?
Gli usi possibili sono quelli per i quali è nata: curare e guarire, laddove è possibile, problematiche psicofisiche in modalità fisica piuttosto che chimica, senza demonizzare la chimica. Ricordo che prima di tutto l’essere vivente è fisica.
Da quando si impiega la biorisonanza anche nel campo animale?
Le apparecchiature di biofisica non fanno distinzione tra essere umano o animale: le informazioni sono simili. Possiamo affermare che un animale risponde prima e meglio, perché non ha freni mentali. Dai feedback che ricevo, le sedute funzionano.
Quali sono i principali benefici per i nostri quattro zampe?
I principali benefici vertono su un riequilibrio energetico: in questo modo il sistema immunitario resta alto e di conseguenza si abbattono i radicali liberi e lo stress ossidativo.
Per quali patologie soprattutto può essere richiesta?
Le patologie trattate sono moltissime, le elenco per sistemi: il sistema circolatorio, il sistema osseo, il sistema nervoso centrale e periferico compreso la Pnei (psico-neuro-endocrino immunitario).
L’operatore per umani può essere lo stesso anche per l’animale, giusto?
Esatto: è sufficiente una formazione sull’uso dei programmi.
Quali i principali impieghi della biorisonanza in campo animale?
Le patologie animali sono corrispondenti a quelle umane, affascinante vero? Le applicazioni possono riguardare tutte le problematiche circolatorie, i traumi come fratture, distorsioni, ma anche le ferite, oltre a problematiche ossee, dalla colonna agli Artù; per le problematiche al cuore può essere un ottimo aiuto a cure omeopatiche o chimiche. Ottima anche in caso di trattamenti pre o postoperatori. Infine la biorisonanza può guarire da sola traumi oppure contribuire ad abbreviare i tempi di guarigione in caso di interventi.
State allacciando rapporti con cliniche veterinarie e medici veterinari per proporla?
Le apparecchiature informazionali sono ancora viste con scetticismo dal sistema convenzionale. I medici studiano fisica all’università solo il primo anno, poi la chimica si impossessa del loro sapere, quindi sono pochi i professionisti che riescono ad allargare i loro orizzonti.
C’è qualche controindicazione nel campo animale?
Le stesse che vigono nel campo umano: i sistemi informazionali non si usano in gravidanza e nei soggetti con pacemaker.
Da poco c’è un nuovo macchinario: può descrivercelo in sintesi?
Grazie ad un italiano, il dottor Francesco Crescentini, è nata una nuova tecnica informazionale ancora più mirata ed efficace: scoprendo come le cellule comunicano tra loro si è messo a punto la Cmf (complex magnetics file) che ha lo scopo specifico di rigenerare i tessuti, ad esempio cartilagini, tendini, ossa e tessuti molli.
Funziona anche come per la cura del piede diabetico, guarendo dalla necrosi ossea e chiudendo la ferita.Il mio caso direi: nel 2017 a causa di una maculopatia ad entrambi gli occhi mi hanno diagnosticato una cecità pari all’85 per cento. Oltre alla vista, la malattia si era portata via anche la mia autonomia nel fare qualsiasi cosa. Lavorando su di me con gli sblocchi energetici e con il macchinario, oggi ho ripreso a fare tutto quello che facevo prima, tranne guidare l’auto. I medici mi avevano detto che non c’era nulla da fare. La mia vita sarebbe stata occhiali scuri e divano.
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