Politica

IL NUOVO PSI DI ELLY

di Edoardo Sirignano -


Dopo il caso armocromia, l’ennesima grana per Schlein arriva da Bruxelles. L’Alleanza Progressista di Socialisti e Democratici al Parlamento Europeo (S&D) sta per cambiare nome. A riferirlo una nota interna inviata dalla presidente del gruppo Iraxte Garcia Perez a tutti i membri. Un cambiamento ora al vaglio delle relative delegazioni.

Il sigla della discordia

Secondo un’indiscrezione riportata dal quotidiano statunitense “Politico”, Elly vuole togliere la parola “democratici”, che tanto non piace ai compagni della Cgil, secondo un piano ben preciso. La verità, invece, è che si tratta di una scelta obbligata a cui non si può dir di no. La segretaria sa benissimo che tale presa di posizione provoca l’ira dei moderati-cattolici, per nulla entusiasti della svolta identitaria voluta da spagnoli e tedeschi. Non a caso il primo a lanciare l’allarme è que Lorenzo Guerini che ha difeso Borghi al Copasir, pur avendo abbandonato il partito: “La famiglia progressista – tuona l’ex ministro alla Difesa – si deve allargare, non restringere. L’ipotesi di modificare è uno sbaglio che non va commesso”. Un avvertimento che vale più di mille parole. Per la nuove regina dem sarebbe un grave errore mettere alla porta quei moderati che, dopo la sconfitta di Bonaccini, si sentono già emarginati. Ecco perché la sardina, su suggerimento del nuovo stratega Alivernini, chiama i suoi e prende subito le distanze dalle trasformazioni invocate in Belgio. La prima a rispondere all’appello è una tale Debora Serracchiani, che pur di riciclarsi per la milionesima volta, tenta di prendere in giro gli ex amici renziani, facendogli credere che alla fine la spunteranno gli italiani. A svelare, però, le difficoltà a far restare il simbolo esistente è il capo-delegazione a Bruxelles Brando Benifei, che pur dovendosi guadagnare le grazie di Elly, dopo averla tradita alle primarie, non può mettersi contro i capi continentali: “Il nome – evidenzia – sarà deciso esclusivamente dai leader Ue”. La verità è che tutto è già stabilito da tempo. Bisogna capire solo il modo per fare in modo che l’operazione sia meno dolorosa possibile per chi ha bisogno dei “non socialisti” per sopravvivere, come appunto il Pd italiano. Una valida opzione potrebbe essere quella del sondaggio, strada comunque molto rischiosa.

Benzina sul fuoco

A buttare benzina sul fuoco, nel frattempo, sono quei centristi, che dopo la sconfitta del viceré di Modena, hanno traslocato altrove. Tra i primi a lanciare dardi verso la segreteria, ad esempio, c’è l’ex capogruppo a Palazzo Madama Andrea Marcucci: “Le premesse del cambio nome – spiega in un’intervista al Riformista – c’erano tutte. Con Elly insediata al Nazareno si archivia definitivamente la gloriosa storia di un partito che era nato per riunire i migliori riformisti”. Su tale posizione ovviamente si ritrova il neo Iv Enrico Borghi: “Altra conferma – scrive su Twitter – della mutazione genetica a sinistra”. Accuse che ovviamente non possono essere smentite da chi si trova in mano la patata bollente, trattandosi di una decisione dovuta e non voluta. Una cosa è certa, tale cambiamento irrita i moderati perché combacia alla perfezione con la svolta rossa in corso tra i corridoi del Nazareno. Il Partito Democratico odierno, infatti, è quello che difende il reddito di cittadinanza e il decreto Dignità, fino a ieri considerati il male assoluto. Il problema, però, è che i controsensi, prima o poi, vengono a galla e quegli stessi “yes man”, che una volta dovevano alzare il ditino per far passare le scelte di Draghi, adesso potrebbero dare il ben servito a chi può tenersi stretti i pugni chiusi, ma non i chierichetti di veltroniana memoria. Quando si parlerà di maternità surrogata, ad esempio, interverrà la Santa Sede e quando c’è di mezzo il sacro, in Italia, non c’è progressismo che tenga. Per tale ragione, la grana belga mette in seria difficoltà Elly. Il timore è che la luna di miele si interrompa prima delle europee.


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