Attualità

EUROCHIPS

di Cristiana Flaminio -


L’Europa, il Pnrr e i chip. La Commissione Ue punta a una “produzione di massa” e il governo italiano si prepara a un Chips Act tricolore che trasformi il nostro Paese in quello “più appetibile per gli investimenti sul digitale”. La frontiera dell’hitech è vitale e decisiva per il futuro delle economie mondiali. L’Europa, che non s’è mai mossa davvero, ha da recuperare il tempo e gli spazi perduti. Ursula von der Leyen ne è consapevole e a Dresda, in Germania, dove ha partecipato al taglio del nastro del nuovo stabilimento di Infineon Technologies, il più grande produttore tedesco di semiconduttori, ha tracciato la rotta: “Abbiamo bisogno di più produzione di massa qui in Europa”. La presidente, sceglie lo stile Marzullo per fare il punto sulla situazione (deficitaria, a dir poco) degli investimenti Ue nell’altissima tecnologia: “Dovremmo essere orgogliosi dei punti di forza digitali dell’Europa? sì, assolutamente. Dovremmo essere soddisfatti? La risposta è non ancora. C’è molto da fare”. Cosa? Lo dice la stessa von der Leyen: “La spinta verso la globalizzazione negli ultimi decenni ha visto le regioni economiche del mondo concentrarsi troppo sui propri punti di forza: ad esempio, l’Europa ha sviluppato la propria esperienza nella ricerca e sviluppo e nelle applicazioni industriali. Tuttavia, quello che è stato per molto tempo lungi dall’essere una priorità è la produzione di massa di microprocessori, senza la quale alla fine tutto si fermerà”. La presidente della Commissione, poi, lancia la sfida ai colossi (veri) asiatici per non rischiare di restare sguarniti nel caso in cui, laggiù, la situazione dovesse precipitare: “Attualmente i centri globali di produzione di semiconduttori sono Taiwan e la Corea del Sud, una regione in cui le tensioni possono divampare in qualsiasi momento. La minima perturbazione degli scambi colpirebbe immediatamente la solida base industriale europea e il nostro mercato interno. Quanto siano cresciuti drasticamente i rischi geopolitici lo vediamo tutti. Ecco perché è fondamentale che in Europa rafforziamo le catene di approvvigionamento dei nostri beni e delle nostre tecnologie più importanti. Questo significa anche avere più capacità produttiva disponibile”.
E mentre l’Ue taglia nastri con il fiato grosso, l’Italia prova a mettere le basi per la sua trasformazione industriale in chiave hitech. Il ministro alle imprese e Made in Italy, Adolfo Urso, promette: “Stiamo pensando a un piano nazionale della microelettronica ossia il chips act italiano attuazione di quello europeo. Siamo già pronti per fare diventare il paese piú appetibile per gli investimenti sul digitale”. Urso, che ha parlato all’hub dell’innovazione di Roma, ha dettato i tempi del Chips Act all’italiana: “Tra 2 settimane presenterò una legge quadro sul made in Italy che avrà asset specifici per supportare le filiere italiane anche grazie al liceo del made in Italy. A settembre presenteremo invece un disegno di legge impresa futura sulle nuove frontiere della tecnologia che comprendere anche l’intelligenza artificiale”.
Intanto c’è da sottolineare che i grandi produttori del settore stanno vivendo un momento di difficoltà. Si assottigliano utili e ricavi a causa della crisi degli smartphone e dei prodotti hitech. Girano pochi soldi e la tentazione di cambiare cellulare o di acquistare un nuovo elettrodomestico rimane, in giro per il mondo, appunto una tentazione. In Corea del Sud, la domanda di semiconduttori è calata in maniera rilevante, lo stesso è accaduto per i grandi produttori taiwanesi che hanno registrato, come Tmsc, forti cali delle vendite.

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