Politica

Damiano: “Va bene abbassare le tasse ma ora evitare i trionfalismi”

di Edoardo Sirignano -

CESARE DAMIANO POLITICO


“Abbassare le tasse è un piccolo passo in avanti, ma non una svolta epocale”. A dirlo l’ex ministro del Lavoro Cesare Damiano.
Si riduce il cuneo fiscale per chi non guadagna più di 35mila euro. È un segnale positivo?
Ridurre la pressione fiscale sulle buste paga è sempre positivo. Ha iniziato a farlo il governo Draghi che ha ridotto di due punti percentuali il cuneo fiscale, con un beneficio di 28 euro al mese per i lavoratori con retribuzione lorda fino a 25mila euro. Ha proseguito, poi, Meloni con un altro punto fino ad arrivare a questo provvedimento, che prevede appunto quattro punti. Il problema, però, è che stiamo parlando di un’azione che durerà sei mesi, da luglio a dicembre. È evidente, quindi, che quando il governo parla di beneficio intorno ai cento euro al mese si tratta di una notizia priva di fondamento perché la media, riferendoci sempre ai 25mila euro lordi annui, è di circa 67euro per dodici mesi.
È l’unico aspetto discutibile dell’ultimo Dl lavoro?
Da gennaio del 2024 questa cifra scompare e andrà rifinanziata. Sembra che i soldi non ci siano. Secondo i primi calcoli ci vorrebbero per coprire questa normativa circa 12 miliardi. Si tratta di un passo avanti, ma è sbagliato cantar vittoria come fa Meloni.
Come l’esecutivo di Palazzo Chigi, invece, ha affrontato la questione reddito di cittadinanza?
Qualsiasi paese civile deve essere dotato di un reddito che protegge coloro che sono in condizioni di povertà (singoli e famiglie). L’Italia è arrivata tardi. Il modello precedente certamente non era esente da difetti. Ci sono state delle azioni opportunistiche. Vale a dire la fruizione di un aiuto senza avere diritto a poterne fruire. Aver legato il meccanismo della tutela della povertà con quello dell’occupabilità è stato, senza dubbio, un errore. I due aspetti andavano disgiunti e occorreva una correzione.
Si ritrova, quindi con i cambiamenti voluti da Palazzo Chigi?
No. Si vogliono, in realtà, risparmiare risorse in un momento in cui la povertà e la fragilità di taluni soggetti è sempre più evidente. Altro che giusta direzione. Per gli occupabili non solo c’è un taglio secco, ma ci sono delle norme che andrebbero affinate. Le normative contrattuali, ad esempio, prevedono solitamente un raggio di distanza di 50 chilometri dalla propria abitazione. Altrimenti è solo un modo per scaricare le persone, far fuori chi rifiuta una sede non raggiungibile.
Quel lavoro, intanto, che ha fatto come ministro, non è stato valorizzato al meglio dalla sua sinistra. Perché?
La sinistra non è esente da difetti. Quando ero ministro ho commesso sicuramente degli errori. Posso vantarmi, tra le tante cose fatte, di aver stabilizzato 30mila lavoratori dei call center. Carta alla mano è dimostrabile che quei ragazzi e ragazze dopo aver trovato una stabilità e abbandonato il lavoro a progetto hanno messo su famiglia e fatto tanti bambini. Se vogliamo combattere la denatalità dobbiamo dare ai nostri giovani un lavoro stabile, ben remunerato e trasparente.
C’è ancora, però, chi guadagna quattro euro all’ora…
Se ci sono, oggi, nei call center, tra i florovivaisti, le guardie giurate e gli operai agricoli, contratti da 4 euro all’ora, ciò vuol dire che occorre un salario minimo di legge. L’Italia è una repubblica democratica fondata sul lavoro.
La nuova segreteria Schlein come si sta comportando sul tema lavoro?
Mi risulta che nel nuovo esecutivo la responsabile lavoro sia Cecilia Guerra, onorevole di lungo corso che si è distinta per aver elaborato un decalogo sul tema del lavoro. Spero che questi dieci punti realmente diventino un patrimonio per la sinistra. Non sempre abbiamo fatto battaglie all’altezza della situazione, penso al Jobs Act, pur avendo sempre combattuto contro le logiche della precarizzazione e della bassa retribuzione.
Col governo è possibile trovare una convergenza su alcuni punti programmatici?
In campagna elettorale, molti esponenti del centrodestra hanno sostenuto l’esigenza di una riforma del sistema pensionistico. Di quest’aspetto, purtroppo, non se ne parla più. La ministra Calderone incontrerà i sindacati a settembre. È evidente che ciò vuol dire per il 2023 non c’è trippa per gatti. Siamo di fronte certamente alla scarsità di risorse. Il governo ha, infatti, deciso di concentrare i 4 miliardi che ha a disposizione sul cuneo fiscale. Il prossimo anno ci saranno altri 4 miliardi, ma verranno utilizzati per rivedere le aliquote fiscali. Tra le promesse elettorali e quanto sta capitando, pertanto, c’è di mezzo un mare. Su questo si potrebbe fare una battaglia, considerando che stiamo andando verso un sistema contributivo delle pensioni.
Come giudica, infine, la scelta di tenere il Cdm il 1° maggio?
Qualcuno ha detto che Meloni ha teso la mano al sindacato. Altri il contrario. Ritengo, piuttosto, che la premier abbia fatto propaganda. Si sa che la politica, oggi, privilegia il marketing ai contenuti. Ciò non mi sta bene. Quello che mi ha disturbato maggiormente, però, è stato il coro di commenti da parte di importanti esponenti della maggioranza. “Mentre voi cantate e ballate – hanno detto alcuni big del centrodestra – noi lavoriamo”. Si tratta di dichiarazioni stupide. Così come Dio ha pensato che il settimo giorno fosse di riposo, anche il 1° maggio, a eccezione di chi fa determinate attività, lo è. Non vorrei, qualora un Cdm fosse convocato a Natale, sentire qualcuno della maggioranza dire “mentre voi tagliate il panettone, noi siamo in ufficio”. C’è un limite a tutto. Anche l’intelligenza richiede la sua parte in politica.

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