Attualità

Elaborare il lutto, istruzioni per l’uso: un master per imparare a dirgli addio

di Redazione -


di IRENE GIUROVICH

Il dolore è lo stesso che si prova per la perdita di un familiare o la persona amata a cui si è legati profondamente. La perdita del proprio pet comporta le stesse fasi di elaborazione del lutto che contraddistinguono il processo che coinvolge gli esseri umani: rifiuto, rabbia, contrattazione, depressione, accettazione. A confermarlo è la psicologa clinica Ines Testoni, una vera autorità nel campo della morte, fra le cento scienziate più importanti in Italia, Direttrice del primo e unico master universitario in Death Studies&The end of Life (studi sulla morte e fine vita) all’Università di Padova, dove insegna. Per prendere coscienza del dolore correlato all’accompagnamento terminale e all’addio, sia che si tratti di esseri umani sia di animali, il master, avviato nel 2008, si propone di sviluppare la capacità di affrontare i temi relativi alla morte in tutti i suoi aspetti.
Autrice di numerosi testi e articoli scientifici, la psicologa Testoni, allieva di Emanuele Severino, evidenzia come il pet grief (il dolore per la morte dell’animale) sia un lutto delegittimato: “Nella nostra cultura manca il riconoscimento dei legami di attaccamento con i nostri animali da compagnia, e questo determina la difficoltà maggiore a gestire la sofferenza: spesso non sappiamo quanto li amiamo, non ne siamo consapevoli e purtroppo la società crede, banalmente, che l’animale sia solo materia vivente”. E invece è molto più di materia: è dotato, spiega la dottoressa, di “sentimenti, mente, capacità di elaborare le informazioni e impostare una relazione di reciprocità con i proprietari”. Gli animali non sono macchine biologiche, come erroneamente si crede, ma esseri senzienti dotati di dimensione affettiva.
Come capita nel mondo umano, anche in quello animale, circa la metà delle perdite non viene avvertita come dolorosa, e questo avviene perché non tutti “sviluppano legami significativi con le persone come pure con i propri animali”. Ma quando il legame è radicato, allora l’addio al pet diventa motivo di dolore come la perdita di un familiare, della persona amata o di un amico con cui avevamo sviluppato sentimenti di attaccamento.
Lo psicologo specializzato in pet grief aiuta a risolvere tutti i sospesi rispetto alla relazione con l’animale. “Si devono chiudere i sospesi per poter interiorizzare la figura del pet nel proprio cuore e nella propria mente e fare in modo che si possa nutrire un dialogo interiore con questa figura. L’animale rimarrà come presenza spirituale in grado di compensare l’assenza fisica”.
Nella società e cultura contemporanea in Italia “mancano i servizi di supporto e di aiuto: per fortuna l’istanza all’aiuto si sta facendo strada nel nostro paese grazie al master; gli psicologi formati con me sono preparati anche per questo tipo di attività”, dichiara la Testoni che, per prima al mondo, ha validato delle scale per la misurazione dei livelli di sofferenza dei proprietari pubblicate su riviste ad alto impatto scientifico come “Animals” e “Anthrozoös”.
“Sembra paradossale: nonostante la chiesa cattolica eserciti un ruolo di primo piano sulle persone e sulla politica, in Italia è ancora assente una cultura di supporto, a differenza di quanto avviene da moltissimi anni negli Usa e nei paesi anglofoni dove è forte la sensibilità al pet grief, con tanto di aiuti riconosciuti e ritualità condivise”, sottolinea la ricercatrice. I primi studi sul dolore per i lutti delegittimati (fra cui il lutto per la mancanze del pet) risalgono non a caso ad uno psicologo americano con cui la Testoni collabora: Kenneth Doka.
La morte non può diventare l’indifferente, ciò di cui si può non parlare, com’è considerata oggi. “Lavoriamo sul lutto delle persone e degli animali, sulle cure palliative, la fase complessa dell’accompagnamento, sulla rappresentazione della morte. Vogliamo permettere a tutti coloro che hanno a che fare con gli esseri umani, per motivi di cura (area sanitaria e non solo), formazione, educazione, assistenza e servizi di sapere che nel loro lavoro avranno a che fare con persone che dovranno fronteggiare la morte, sia dell’essere umano sia dell’animale. Non viene minimamente preso in considerazione il fatto che possa morire, ad esempio, il pet di un bambino. A scuola gli insegnanti dovrebbero essere preparati anche a questo”, ammonisce la psicologa. E invece si fa calare il silenzio o si fa finta di nulla.
Gestire il lutto di un animale a cui si era uniti profondamente – evidenzia la dottoressa – espone ad un rischio ulteriore proprio per la la delegittimazione sociale che domina: ecco perché è più pericoloso del lutto umano. “Ci sono dei lutti – spiega – che possono diventare lutti prolungati e quindi non si risolvono in un anno (questo il tempo medio, di solito il tempo va dai 6 ai 18 mesi come per i lutti umani), perché non c’è il supporto sociale. Ricordiamoci che il lutto si risolve solo con il supporto sociale. Il cordoglio è quel dolore lancinante che può durare un tempo indefinito se non si trasferisce in lutto, ovvero la trasformazione del cordoglio grazie alla compensazione della mancanza attraverso il rapporto con gli altri”. Il lutto per l’animale a cui si era legati può essere più difficile da chiudere, per questo la ricercatrice propone anche alle associazioni che si occupano di animali di partecipare al percorso e creare dei servizi a supporto del lutto.
“Mi sono attivata con la Socrem di Torino che ad Alessandria ha realizzato un crematorio dei pet: si è creata una ritualità nelle sale per garantire un vero e proprio rito. La cultura funebre, fondamentale per creare la legittimazione sociale, implica una riflessione metafisica rispetto al senso dell’animale che ancora non abbiamo svolto”. In Italia i pochi cimiteri sono affidati alla gestione privata, questo influisce sull’elaborazione. In America e in UK invece queste pratiche sono già realtà: cimiteri municipali, sale del commiato con un celebrante, inceneritori per chi vuole la cremazione e poi decide dove tenere le ceneri (loculo, casa), inumazioni… Servirebbe altresì che i movimenti chiedessero un riconoscimento giuridico: permessi per poter curare il proprio pet, permessi per assisterlo, per il lutto.
Intanto, però, come deve gestire il dolore chi è nella sofferenza? “Il primo consiglio che do a tutte le persone in lutto – suggerisce la Testoni che utilizza soprattutto la tecnica dello psicodramma del medico-filosofo Jacob Levi Moreno – è di stare nel dolore, non cercare di sfuggirgli o negarlo, va espresso; bisogna lamentarsi perché si sta male, piangere, urlare anche chiudersi in sé. Se non si fa questa operazione non si sente il bisogno di riaprirsi. A tutti i dolenti dico: il fondo c’è. Bisogna arrivarci, perché serve la spinta per tornare su e la spinta arriva quando si accetta il dolore vissuto”.


Torna alle notizie in home