“C’è stata mancanza di coordinamento Ma non mi chiedano mai atti di fedeltà”
GIORGIO MULE’ POLITICO
“Pur avendo commesso una leggerezza i gruppi, non siamo a scuola. Deputati e senatori devono fare di tutto per essere in aula, a maggior ragione dopo i recenti tagli ai parlamentari. Il regolamento, purtroppo, non è cambiato. Detto ciò, su decontribuzione e pensioni, c’è chi ha una determinata linea e intende portarla avanti. Da uomo libero e liberale, non mi sento di fare il Pierino, ma allo stesso tempo non sono obbligato a dare dimostrazioni di fedeltà e lealtà”. A dichiararlo è Giorgio Mulé, deputato di Forza Italia e vicepresidente della Camera.
Nell’elenco degli assenti compare anche il suo nome. Quale la sua giustifica?
Il mio caso è particolare. Ero in missione. Anche se ero a Montecitorio, comunque, da vicepresidente, essendo di turno, non avevo possibilità di votare. Tutti sanno che chi presiede l’aula non può esprimersi.
Cosa è successo durante la tanto discussa votazione?
Quanto accaduto, nella sua drammaticità, è banale. È mancato, all’evidenza, quello che fanno solitamente i gruppi in prossimità delle votazioni che richiedono una maggioranza assoluta, cioè il richiamo a uno a uno dei deputati per accertarsi che ci sia un numero sufficiente. Si è inceppato un meccanismo. Non sono arrivate telefonate prescrittive per la presenza. C’è stata leggerezza. In assoluta buonafede, i miei colleghi hanno pensato che essere assenti non comportasse un alcun problema. È successo, invece il patatrac. Nulla, però, ha a che vedere la politica.
Perché?
Non siamo davanti a un voto segreto rispetto al quale ci sono i franchi tiratori, che devono lanciare un segnale al governo. Nessuno di noi ha mai pensato di voltare la faccia all’esecutivo. Non lo avremmo mai fatto, d’altronde, in modo così vigliacco.
C’è stato, comunque, un errore da parte dei capigruppo…
Nelle chat di cui faccio parte, non mi ha cercato nessuno. Non voglio dare la colpa ai capigruppo di questo o quel partito. A volte si danno per scontate cose che non lo sono. Gettare la croce su qualcuno è troppo semplice. I parlamentari hanno l’obbligo di stare in aula. Non devono essere chiamati, come a scuola, per entrare in classe. Considerato il periodo di campagna elettorale sui territori, c’è stato un semplice sfasamento. Non intravedo alcun cartellino giallo per i gruppi. È successo. Amen!
Ha fatto bene la Meloni ad arrabbiarsi?
Ci si infuria per molto meno. In questo caso, ci si arrabbia perché oggettivamente si è dato un assist alle opposizioni per alzare il cosiddetto vessillo dell’inaffidabilità. In mancanza totale e assoluta di argomenti, la minoranza trova forza su un passo falso della maggioranza, non avendo argomenti da contrapporre, né capacità interdittive. Stiamo parlando di un incidente aritmetico e non politico.
A livello proporzionale, il partito con più assenze è Forza Italia. Cosa è successo?
Tajani era impegnato in una conferenza stampa. Al suo pupillo Rubano, che gli stava dietro, quando è rientrato in aula, gli scappava la pipì. I sottosegretari avevano impegni istituzionali. Aver tagliato i parlamentari, alla Camera e soprattutto al Senato, purtroppo, comporta la presenza dei membri del governo, che spesso devono essere in aula per il numero. Ecco perché occorre quanto prima una riforma dei regolamenti.
Potremmo, quindi, ritrovarci nuovamente di fronte a questo tipo di situazioni…
No! Due volte non si sbaglia. Anche a costo di rientrare da chissà quale parte del mondo o rinunciare a un impegno istituzionale, non succedera più!
Serve, comunque, maggiore coordinamento?
Non si tratta di una frattura della maggioranza. Non ci siamo rotti il femore. Ci siamo lussati una spalla. Basta, quindi, una pomata. Siamo caduti, ma ci siamo già rialzati.
Nessuno mette in discussione la linea Giorgetti e il governo?
Non c’è una linea del ministro dell’Economia, c’è quella dell’esecutivo di Palazzo Chigi. Dopodiché non è stato mai messo in discussione il governo. Da parte nostra, abbiamo sottolineato come su determinati punti, come decontribuzione e pensioni, bisognasse andare in una determinata direzione.
Lei, da alcuni mesi a questa parte, è considerato tra i forzisti critici alla linea Fascina-Tajani, almeno così dicono le ultime ricostruzioni giornalistiche. È davvero così?
Non ho una linea, né una curva. Sono un dirigente di Forza Italia. Ho un incarico istituzionale. Sono un uomo libero e liberale all’interno di un partito che fa di questi valori la sua radice fondante. Sto benissimo dove sono. Né mi sento di fare il Pierino, né di dare dimostrazioni di fedeltà e lealtà. Rispetto il mandato elettorale, che cerco di adempiere al meglio.
La scelta di indire un Cdm il primo maggio è vincente?
È un segnale importante verso il mondo del lavoro. Detto ciò, bisogna dargli un seguito, un’azione coordinata tra le politiche del lavoro attive e la riforma del reddito di cittadinanza, ormai arrivato al capolinea.
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