Editoriale

MANGANELLO OUTING

di Tommaso Cerno -

Tommaso Cerno


Il manganello dei tempi moderni si chiama outing. Significa che qualche benpensante, pieno di valori a parole, magari di sinistra, rivela, pensando di stupire, l’orientamento sessuale di qualcuno che nella vita ha posizioni politiche diverse dalle sue. Si tratta di una pratica antica. Che anche le associazioni gay di cui io, che sono omosessuale da quando Dio mi ha mandato su questa terra, conosco ogni dettaglio, usavano negli anni in cui la contrapposizione tra libertà e omologazione dipendeva dalla destra. Voleva dire che se tu passavi la vita a contestare gli omosessuali, a rendere il loro quotidiano impossibile, a dire ogni nefandezza su di loro e poi, come capita sempre più spesso, si scopriva che anche tu eri uno di loro, esisteva una sorta di libertà per cui dire che uno è gay sembrava una punizione. Questa pratica sconfessata dalla storia, vecchia come il cucco, è la forma più simile al fascismo e al manganello che oggi nella società dove queste cose non importano a nessuno, e lo dice soprattutto la sinistra, scopri esiste ancora. L’ultimo caso di cronaca riguarda un collega giornalista, il suo nome è Francesco Borgonovo, è una persona molto nota per il suo lavoro e per le sue qualità intellettuali, che naviga, per citare Fabrizio De André, in direzione ostinata e contraria rispetto alle grandi scelte della democrazia italiana degli ultimi tre anni, in particolare riguardo al Covid e alla guerra in Ucraina. Bene, da omosessuale che non ha mai chiesto di esserlo ma che si è divertito un sacco a vedere la faccia che la gente ha fatto in questi ultimi trent’anni, facce che sono cambiate con il tempo, dico a questi signori che nel nome della libertà pensano di stupirci con rivelazioni che nemmeno cento anni fa avrebbero spostato un capello, che l’unico effetto che fa a noi liberali veri è renderci conto che oggi il manganello, la violenza, l’intimidazione stanno benissimo nella sinistra. Proprio quella che accusa il governo italiano che ha vinto le elezioni con le regole della Costituzione, che loro professano essere la testimonianza di tempi in cui si viveva di odio e di intimidazioni. L’interesse che può avere oggi un italiano democratico nei confronti della vita privata di un cittadino è proporzionale solo all’invadenza culturale che un pensiero politico mette davanti alla semplice e sacrosanta libertà di esprimere il proprio pensiero, qualunque esso sia, senza avere droni o idioti che entrano in casa tua a dirti cosa devi fare dopo le nove, con chi intendi farlo e per quale ragione. Fortunatamente fra poche ore sarà il 25 aprile e ci aspettiamo, noi liberali, che questa pratica violenta per zittire gli altri o per fare loro ingerire il ricino della propria sicumera culturale sia cancellata dallo spirito originario della Liberazione italiana, a cui hanno partecipato cervelli diversi, idee politiche opposte, unite solo dall’idea che non potevamo essere una dittatura. Cioè un luogo dove arriva un pirla qualunque a spiegare a tutti cosa devono dire e cosa devono fare, nel nome di un’etica pubblica che si è inventato in qualche sottoscala culturale perché ritiene essere la verità. Perché se al contrario comincerà a venire da quella parte del Paese che ha speso gli ultimi decenni a chiedere a tutti di fare un passo indietro nel nome della libertà individuale e della possibilità di ognuno di esprimere se stesso come individuo nel modo in cui ritiene la censura sui comportamenti di ognuno di noi, significherà che davvero la festa del 25 aprile non sarà più una festa ma sarà qualcosa di simile all’inversione dei poli per cui toccherà a ognuno di noi ricominciare a conquistare la propria libertà ogni mattina al risveglio.

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