Esteri

Sudan, è guerra civile: almeno 600 vittime, ucciso cittadino Usa

di Redazione -


 

di NICO BOVE
Il fuoco incrociato tra l’esercito regolare e le milizie paramilitari delle Forze di sostegno rapido (Rsf) miete nuove vittime in Sudan. La violenza cieca che prosegue nonostante i ripetuti annunci di sospensioni temporanee delle ostilità, è costata la vita ad un cittadino americano. Il dipartimento di Stato ha confermato la notizia poco dopo che il Pentagono ha annunciato il riposizionamento di truppe a Gibuti in vista di un’eventuale missione di evacuazione dell’ambasciata Usa a Khartoum. “Possiamo confermare la morte di un cittadino americano in Sudan, siamo in contatto con la famiglia a cui porgiamo le più sentite condoglianze”, ha dichiarato un portavoce del dipartimento di Stato, che non ha fornito ulteriori dettagli o l’identità della vittima che non lavorava nell’ambasciata Usa. Morto anche un operatore dell’Organizzazione internazionale per le migrazioni. L’agenzia dell’Onu ha specificato in un comunicato che “il veicolo su cui viaggiava con la sua famiglia è stato colpito in uno scambio di colpi di arma da fuoco fra le due parti belligeranti a El Obeid, capoluogo del Kordofan settentrionale”.
“Sono profondamente rattristato dalla morte del nostro collega e mi unisco al dolore della moglie, del figlio appena nato e della nostra squadra che si trova in Sudan”, ha scritto il direttore generale dell’Oim Antonio Vitorino.
“La sicurezza di tutto il personale Oim è la mia priorità. Continuiamo a lavorare con i nostri partner delle Nazioni Unite per aggiornare la nostra risposta alla sicurezza. Le morti insensate di civili, compresi gli umanitari, devono finire e la pace deve essere ripristinata”, ha sottolineato Vitorino, che ha poi spiegato che “lo scoppio degli ultimi scontri ha costretto l’Oim a sospendere le sue operazioni umanitarie in Sudan”.
“Tutte le parti coinvolte, ha concluso, devono garantire la sicurezza degli umanitari presenti nel Paese e consentire loro un accesso illimitato per poter assistere le persone più vulnerabili”. L’ennesima giornata di sangue si era aperta con la dichiarazione di una tregua di 72 ore da parte delle forze paramilitari di supporto rapido. Il cessate il fuoco è partito dalle 6 di ieri mattina, poco prima della festa musulmana di Eid al-Fitr, che segna la fine del mese sacro islamico del Ramadan. “La tregua coincide con il benedetto Eid al-Fitr, per aprire corridoi umanitari, per evacuare i cittadini e dare loro l’opportunità di salutare le loro famiglie”, avevano affermato le Rsf. Poi, con il passare delle ore, sono ripresi i bombardamenti ad opera delle forze armate sudanesi (SAF). Sia il segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, che il segretario di Stato americano, Antony Blinken, avevano chiesto separatamente un cessate il fuoco di “almeno” tre giorni per celebrare l’Eid al-Fitr nel Paese a maggioranza musulmana, ma il loro appello è caduto nel vuoto, come ha confermato il Comitato centrale dei medici sudanesi. Il gruppo mercenario russo Wagner avrebbe fornito missili ai combattenti del gruppo paramilitare guidato da Mohamed Hamdan Dagalo. Lo hanno rivelato alla CNN fonti diplomatiche sudanesi e regionali, precisando che missili terra-aria hanno li hanno rafforzati non poco, permettendogli di “tenere testa” alle truppe regolari del generale Abdel Fattah al-Burhan.
Il ministro degli Esteri tedesco, Annalena Baerbock, e l’omologo spagnolo, José Manuel Albares, hanno chiesto alle forze in lotta di mettere fine al bagno di sangue e dare avvio ai colloqui di pace che possano “consentire alla popolazione di ricevere l’assistenza urgentemente necessaria”.
“Le parti in conflitto dovrebbero negoziare piuttosto che ridurre il Sudan in cenere”, hanno denunciato i due ministri durante una conferenza stampa a Berlino, aggiungendo inoltre che i governi di Spagna e Germania stanno preparando il trasferimento dei cittadini. Diversi governi dell’Ue stanno mettendo a punto piani simili.

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