Ambiente

Porti elettrici, 24 milioni per Termoli e Gioia Tauro. Ma l’Italia è al palo

di Angelo Vitale -


Dal Pnrr arrivano 24milioni e 370 mila euro per finanziare due progetti per i porti di Gioia Tauro in Calabria e di Termoli nel Molise. Il provvedimento firmato dal vicepremier e ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Matteo Salvini assegna alle Autorità di sistema portuale dei Mari Tirreno Meridionale e Jonio e del Mar Adriatico meridionale le risorse per completare l’elettrificazione delle banchine, , il futuro del Sistema Mare del nostro Paese, che punta a rendere sostenibili gli scali, consentendo l’abbattimento delle emissioni di CO2. Una materia “calda”, che finora ha sollevato più di una polemica: una settimana fa Confitarma chiedeva di riscrivere il piano per il cold ironing.

La notizia, comunque, consente di guardare al ruolo dei porti italiani. Se le risorse per il Molise rendono più interessante la cornice del porto di Termoli – è essenzialmente passeggeri, peschereccio e turistico, di ambito economico regionale e interregionale, dal luglio scorso entrato a pieno titolo nel quadro dell’Authority portuale dell’area guidata da Ugo Patroni Griffi, fattore che consente il pieno utilizzo di ulteriori risorse per 30 milioni del Pnrr – quelle per Gioia Tauro vengono attribuite al decimo porto più grande d’Europa.

Nato nella prima metà degli anni Settanta quasi “per caso”, come una sorta di misura compensativa per quel territorio che aveva vissuto una confusa, e anche drammatica, situazione politico-amministrativa per i fatti di Reggio Calabria, ricorrentemente nei decenni al centro di inchieste che rivelavano la pressione e i traffici della ‘ndrangheta, è divenuto via via strategico grazie alla sua posizione geografica che è mediana lungo la direttrice Suez – Gibilterra e baricentrica nel mar Mediterraneo. Così, nonostante qualche crisi, è divenuto modello di transhipment, al top dei porti del Paese. E ora guarda, anche forte di oltre 110 milioni sempre del Pnrr, alla più accelerata intermodalità – oggi già assicurata dal collegamento con gli hub intermodali di Nola e Bari – che può farne il più grande terminal container del Paese e nel Mediterraneo.

Ma quale ruolo, complessivamente, può avere l’Italia a partire dai suoi porti? Risponde un recentissimo brief di Cassa Depositi e Prestiti che, a causa del rallentamento della globalizzazione, individua un’opportunità da cogliere.

Diminuisce il peso del commercio internazionale sul Pil mondiale – questa l’analisi di Cdp – e si sta riducendo la frammentazione delle catene globali di fornitura, con un ritorno alla concentrazione della produzione all’interno dei confini nazionali. Dinamiche che alimenterebbero via via la regionalizzazione della produzione e degli scambi. E in ambito europeo il rafforzamento della cooperazione economica nel Mediterraneo. Due i motivi: le mosse della Cina per essere sempre meno dipendente da tecnologie importate e dall’export e il sempre più convinto ripensamento, in Occidente, circa le dipendenze estere in filiere strategiche per la sicurezza nazionale.

In questo quadro, per il nostro Paese, si apre la strada per diventare il principale hub logistico portuale tra Nord Africa ed Europa continentale.

Certo, segnala Cdp, va rafforzata la competitività degli scali puntando su efficientamento, potenziamento delle infrastrutture per l’intermodalità, sviluppo di aree retroportuali, implemento delle Zes e trasformazione green. Quest’ultima è però al palo, visto che a fine 2021 in Italia c’erano solo 2 banchine elettrificate, a fronte delle 145 dei Paesi Bassi.


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