Economia

Mutui verdi e un tetto agli importi così si può uscire dal pantano del Superbonus

di Redazione -


di GIULIANO DALL’Ò*
La riqualificazione energetica degli edifici va fatta perché sono uno dei principali responsabili del potenziale di riscaldamento globale. Ma basilare è decidere come permettere questo processo in modo sostenibile anche dal punto di vista finanziario. Atteso il fatto che non ci sono più soggetti capienti in grado di acquisire i crediti d’imposta, gli stessi potranno essere usufruiti dai singoli proprietari degli immobili oggetto degli interventi di riqualificazione, rispondendo a due questioni: la necessità di avere le disponibilità finanziarie per pagare i lavori nel periodo della loro esecuzione; la capienza fiscale dei singoli proprietari. Al riguardo, possono essere create abbastanza facilmente delle soluzioni tecniche per entrambi i problemi.
Rispetto al primo punto, essendo il rimborso del credito certo, in quanto garantito dallo Stato che lo scalerà direttamente dalle imposte che i contribuenti non pagheranno, sarebbe sufficiente che il Governo emanasse una norma che preveda finanziamenti a tasso agevolato basso – Mutui verdi -, per i proprietari che non possiedono i fondi necessari per il pagamento delle opere. Questi potrebbero essere integrati nei normali mutui di compravendita se l’acquirente si impegna a riqualificare l’immobile contestualmente all’acquisto portandolo almeno alla classe E o facendogli guadagnare altre 2 classi se lo fosse già. La Banca potrebbe quindi incrementare il mutuo base con una componente “green”, permettendo di riqualificare energicamente la casa in fase di compravendita. Così, il valore della casa aumenta fin dall’inizio, con un vantaggio per tutti. A ulteriore aiuto delle fasce meno abbienti il Governo potrebbe poi prevedere tariffe agevolate per l’energia elettrica e il gas per il solo periodo di recupero dei costi sostenuti attraverso la detrazione dalle proprie imposte, quindi solo per chi decide la riqualificazione.
Sul secondo punto, va identificato un meccanismo tecnico per allungare il rimborso in modo proporzionale alla capienza di imposte del soggetto. Potrebbe esserci un problema complessivo di natura finanziaria, riscontrando come adesso che il totale degli incentivi – “sconti dalle imposte” che vanno versati – non sia finanziariamente sostenibile. Anche in questo caso, ci sono due soluzioni. Con la prima, l’operazione può essere considerata continuativa per un certo numero di anni, definendo un tetto complessivo agli importi delle opere realizzabili per ogni anno e ottenendo una dilazione dei lavori e dei relativi costi/incentivi/mancati introiti delle imposte. Così, non si costringerebbero le imprese ad assunzioni temporanee, consentendo di poter programmare le attività in un arco di anni che permetta di avere una visione imprenditoriale più gestibile. Oppure, si può differenziare la percentuale di incentivi in funzione dei redditi dei proprietari.
In conclusione, si può notare come le soluzioni tecniche per poter proseguire il processo di riqualificazione energetica degli edifici ci siano e vadano solo contestualizzate all’interno del corretto equilibrio finanziario dello Stato. Cosa che è certamente importante e rilevante, ma non può essere l’unico parametro applicato. O meglio, quando si analizzano gli aspetti economici, finanziari e fiscali degli interventi che hanno a che fare con i contenuti che influiscono direttamente sull’ambiente, si dovrebbero anche considerare i costi diretti e indiretti che l’inquinamento produce e che incidono sui conti dello Stato e dei singoli cittadini.
*Coordinatore di MCE Lab

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