Cultura & Spettacolo

Monica Giandotti: “ Il mio sogno divenuto realtà si chiama lavoro”

di Redazione -


 

di FRANCESCO URRU
Professionista, mamma e giornalista. Lontana dallo stereotipo della “bella e basta”, Monica Giandotti inizia a lavorare a Canale 10 di Ostia, arrivando in breve tempo nello staff di Michele Santoro. A L’Identità riponde, con carattere e decisione, confessandosi tra il serio e il leggero.
Conduci su Rai3 Agorà programma d’informazione e attualità. Che cosa ti resta nel cuore delle storie impegnative che affronti in trasmissione?
Di argomenti definiti “impegnativi” ce ne sono tutti i giorni, pure politici; parlando di altri eventi, penso a quelli tragici, sono più dolorosi da raccontare, come gli aggiornamenti della vicenda di Cutro: quando devi raccontare episodi in cui bambini, donne e uomini perdono la vita, sicuramente è molto doloroso. Emotivamente richiede più impegno, una quota di emotività potrebbe emergere: ciò non toglie che io faccia il mio mestiere di giornalista imparziale.
C’è un evento o una storia invece, a telecamere spente che ti ha turbato?
Non c’è mai stato un evento specifico come questo che tu descrivi; ci sono stati episodi che mi hanno coinvolta maggiormente, come la tragedia di Vermicino, pur non avendola vissuta: ai tempi ero molto piccola, non la ricordo bene. Riproporla in trasmissione per me è stato molto dolorosa, chiaramente il mio non può essere minimamente paragonato al dolore della mamma di Alfredino, non voglio sembrare irrispettosa nei confronti di questa mamma. Pero’ non ho mai spettacolarizzato il dolore né in onda né fuori.
Come vivi la notorietà? Che rapporto hai con il pubblico e i fan?
Non la vivo. Sarà capitato una decina di volte di fare una foto con me, e sono grata per questo, per quel minimo di riscontro che ho, in modo sereno. Un’altra cosa poi sono i social: è da qualche settimana che cerco di rispettare un “appuntamento” con il pubblico; dopo la puntata di Agorà, vado in onda sul web con una diretta Instagram, con Marco Carrara; questo ci consente di coltivare un rapporto davvero affettuoso con i follower, con le persone che sui social mi seguono ed esprimono un gradimento per le cose che faccio, per il programma che facciamo. Ci sono tante persone che mi scrivono e che mi dicono tutto: “ci piace quello che fai”, “ci piace come sei”, “ci piace quello che dici”, “ti riconosciamo come una professionista seria”: mi sembra giusto onorare questo affetto.
C’è sempre l’altra faccia della medaglia però sui social: le critiche, l’uso di parole inadeguate…
Le critiche costruttive, naturalmente, sono sempre ben accette. Quelle invece che arrivano con lo scopo di fare polemica, creare fastidio, o creare consenso attorno a chi le genera, perché anche questi sono i meccanismi social, per me lasciano il tempo che trovano. Alle critiche costruttive tengo però sempre le porte aperte.
Ora con Agorà ti stai occupando di informazione e cronaca: a che punto è la tua carriera?
Io mi sento sempre al punto d’inizio, esordiente: magari è una fissa mia, oppure no. Però sono molto felice intanto di fare questo programma in cui mi riconosco; spero di poter fare una cosa così anche futuro, magari anche meglio.
Un sogno nel cassetto che vorresti realizzare?
Vorrei continuare a fare questo lavoro; in quale forma lo deciderà il destino, magari una trasmissione quotidiana, settimanale, serale… Il mio sogno è continuare a condurre con la libertà con cui l’ho fatto fino ad ora.
Quanto conta per te la vanità? La vedi più’ come un gioco od una prigione?
Qui si parte da un assunto, cioè che io sono una che cura molto la sua immagine, ma questo assunto non esiste, non per eccesso di snobbismo o forse sono un po’ cialtrona su queste cose. Alcune amiche che lavorano in comunicazione mi dicono: “amica mia, dovresti andare nei posti dove accadono le cose, dovresti essere magari un po’ più presenzialista, farti vedere”. Io sono una “lavoro e casa”, faccio la spesa, ginnastica, vado a prendere mio figlio a scuola al pomeriggio poi lo porto a calcio. Io sono completamente obnubilata dalla fatica. Devo poi naturalmente preparare la puntata di Agorà per il giorno dopo. Qualcuno mi dice: “sì, ma se vuoi lo puoi trovare”. Non lo so ma sta di fatto che sento di non averlo. Quello che conta nel mio mestiere senza dubbio è l’immagine: noi siamo prima immagine, poi contenuti.
C’è una figura a cui ti sei ispirata particolarmente per stile carisma e capacità?
La mia vita professionale, quello che io oggi so della televisione, dal montaggio dei pezzi (servizi televisivi e interviste, ndr), il fare squadra, allo stare in video lo devo a Michele Santoro. Ho lavorato sei anni nei suoi due gruppi di lavoro, prima ad Anno Zero in Rai poi a Servizio Pubblico su La7. Non ho solo lavorato per un grande maestro, ho anche tanto appreso il suo modo di fare televisione; la cosa che sicuramente mi ha donato di più, che poi ho riproposto, è stata l’importanza del racconto, l’uso delle immagini, l’andare sul posto ed usare al meglio la telecamera per le riprese. Io guardo moltissimo i servizi: sono i perni su cui gira tutto e su cui poi facciamo approfondimento e discussione in studio. Ribaltiamo un po’ anche lo schema classico del talk show, dirigendolo verso gli approfondimenti.
C’è stato un episodio eclatante di molestie sul lavoro addirittura in diretta televisiva, per cui sarebbe il caso di ricordarsi che il 25 novembre dovrebbe essere ogni giorno. Mi riferisco al caso della collega Greta Battaglia, vittima di un gesto orribile durante una diretta: come avresti reagito?
Ricordo bene la scena della giornalista fuori dallo stadio e penso che la sua reazione pacata sia stata una reazione di una persona che si è trovata in onda, ingabbiata dalla diretta, subendo un gesto molto sgradevole, orribile. Penso abbia cercato di mantenere la calma immagino, non lo so, magari un po’ sopraffatta da quel che stava accadendo. Io proprio sono cambiata nella mia vita da un certo punto in poi, ora sono una molla, reagisco e sono molto felice di aver fatto questo cambiamento: non so se reagirei malamente. Resta il fatto che a Greta Battaglia che ha subìto quella terribile molestia da parte di quegli animali che venivano via dallo stadio deve andare tutto il mio rispetto e tutta la mia solidarietà. Quella è stata proprio sopraffazione e violenza.

Torna alle notizie in home