Sempre QuElly
DEBORA SERRACCHIANI POLITICO
di EDOARDO SIRIGNANO
Sempre quelli. Altro che cambiamento. Schlein, politicamente parlando, ha il potere di risuscitare i morti o meglio ancora ringiovanire chinque. Gli anni passano e niente muta. Dopo una lunga passione di trattative, in cui il solito Boccia ha sudato sette camicie e trascorso notti insonni il miracolo è avvenuto. La segretaria, seguendo lo stile del predecessore Enrico da Parigi, mette insieme tutto e il contrario di tutto, dando vita a chi sembrava da un pezzo finito nel dimenticatoio. Pare quasi che da Bersani a oggi, nel Pd non sia cambiato nulla. Gli attori sono sempre gli stessi e non c’è sconfitta che tenga. Politiche, Lazio, Lombardia e ultima batosta Friuli mandate giù come una pillola. L’importante è non toccare quel gotha che, da tempi giurassici, caratterizza un mondo dove la linea a dettarla sono sempre gli stessi sauropodi.
Una Serracchiani per ogni stagione
L’esempio di riciclaggio per eccellenza è certamente la veterana Debora, maestra nel cadere in piedi. Dopo aver girato l’Italia per parlare male della segretaria, con qualche bacio e abbraccio si accaparra la fiducia dell’ingenua sardina, che fa finta di silurarla e poi le regala un posto di direzione. Una vera e proprio maestra di trasformismo. Parte con Bersani, lo tradisce, va da Renzi, che la porta alla ribalta nazionale. Lo abbandona per un tale Orfini, che scarica dopo mezzo anno. Si presenta alla porta di Zingaretti e poi benedice Letta. In poche parole giravolte su giravolte. Strategia, però, che le consente di restare incollata alla poltrona del Nazareno. Ricopre ogni incarico, a parte la giustizia, consegnatale, senza indugi, dall’ingenua Elly.
Pierluigi B: il segretario ombra
La verità è che il giurassico Pierluigi Bersani gira e rigira la sardina nel pentolone. Recuperare finanche la mai pensionata Maria Cecilia Guerra è impresa da pochi. L’economista, d’altronde, è un volto per tutte le stagioni e dai molteplici ruoli. Basta scorrere il curriculum di governo. Con Conte e Draghi era viceministro alle Finanze, con Letta e l’ormai dimenticato Monti alle politiche sociali. Lo stratega di Bettola riesce a buttare dentro chiunque, finanche il suo delfino Alfredo D’Attorre. Dopo essere scomparso per anni dalle cronache, tornerà a occuparsi di università. Quando si parla di intellettuali, d’altronde, Articolo 1 ha sempre una marcia in più. Il povero Franceschini, che non riesce a riservare una poltrona per la compagna Michela Di Biasi, si dice abbia piazzato la sola Marina Sereni, altra esperta in cambi di abito. Stiamo parlando,infatti, di chi era in segreteria sin dai tempi di Bersani, di chi ha sopravvissuto al Big Bang renziano, a ogni tipo di tempesta, senza essere mai scartata. Gli addetti ricordano che stava per rubare il posto in Europa a un tale Paolo Gentiloni.
I soliti burattinai
Una cosa è certa, i vecchi signori della cosa rossa, stavolta, si sono dimostrati veri maestri di marionette. L’ex ministro Orlando, ad esempio, fa la parte del leone. È lui a sponsorizzare il solito Beppe Provenzano, dal 2019 nel gotha dem. Anche se non farà il vice, avrà il delicatissimo compito di gestire gli Esteri. Nella corrente del mai dimenticato Guardasigilli pure il giovane Marco Sarracino, passato alla cronaca per i suoi omaggi alla “Rivoluzione d’Ottobre” e il sempre presente Antonio Misiani. La delega all’economia è impossibile strappargliela dalle mani. Bersani, Orfini, Zingaretti o Letta che sia, il bergamasco c’è sempre. Pur di non restare fuori, questa volta, si è andato a prendere i calci di papà De Luca, indemoniato per il figliuol Piero rimasto a casa. Altri burattinai di professione, poi, si confermano Zinga e Bettini. Questi ultimi piazzano la furba Marta Bonafoni, consigliera nel Lazio e fedelissima della premiata ditta, pur essendo passata in quota minoranza. L’ingenuo Marco Furfaro, da solo, non sarebbe bastato a tutelare gli interessi della casa. Non si è saputo tenere neanche la vice-segreteria. Figuriamoci il resto. Pur essendo stato dal 2009 nella mischia, a fianco di un tale Nichi Vendola, con cui ha fondato “Sinistra e Libertà” sembra non abbia ancora imparato certe malizie.
Le medesime battaglie
Altro volto più che conosciuto è Alessandro Zan. Le sue battaglie per le coppie di fatto sono da spropositati anni un cavallo di battaglia a queste latitudini. Altro che novità, come qualcuno le vuol far passare! Stesso discorso vale per il sempre ripescato Pier Francesco Majorino. Nel Pd, infatti, non vale la regola se perdi sei fuori. Anzi, avviene l’esatto contrario. Se ottiene una batosta ricevi un premio. Ecco perché la sardina sceglie di portare il modello dei migranti “milanese-Pisapia” su scala nazionale. Di esperienza, d’altronde, ne ha acquisita, considerando che ha ricoperto tutti gli incarichi possibili. A istruirlo nel 1998 fu una tale Livia Turco, adesso consigliera della segretaria, che se lo portò al dicastero che si occupava di lotta alle dipendenze. Da Bruxelles, d’altronde, Schlein importa di tutto e di più. Un esempio l’inattesa Camilla Laureti, altra fedelissima di Zinga, essendosi in passato occupata della comunicazione di una dei suoi assessori prediletti. Le stesse new entry, quindi, nel nuovo esecutivo, dovranno eseguire semplicemente gli ordini di capi o movimenti. Vincenza Rando seguirà la sacrosanta battaglia di Libera, Marwa Mahmoud quella degli italiani senza cittadinanza e Annalisa Corrado, quella ecologista.
I mal di pancia
Bonaccini, a parte il fedelissimo Alessandro Alfieri, piazza solo emiliani e dimentica invece gli ex renziani di Base Riformista che lo hanno sostenuto. Ad avere più di qualche mal di pancia, oltre allo sceriffo De Luca, ci sono gli ex ministri Graziano Delrio e Lorenzo Guerini, rimasti senza una rappresentanza, nonché le minoranze con a capo Gianni Cuperlo e Paola De Micheli.
A questi ultimi potrebbe non essere lasciato neanche il tanto desiderato diritto di tribuna. Ecco perché il cammino verso le europee per Elly pare essere tutto in salita. Marcucci e Fioroni non potrebbero essere gli unici a lasciare la barca prima di affondare. Diversi coloro che si potrebbero sentire soli in un esecutivo, che richiama tanto quello di Bersani e poco quello riformista di Renzi. Lo stesso giglio fiorentino, a parte la direzione del Riformista, annunciata qualche giorno fa, ha sempre l’obiettivo di tornare a guidare quelle truppe che gli hanno aperto la strada a Palazzo Chigi. Una cosa è certa, mentre a sinistra girano e rigirano sempre gli stessi faccioni, a far parlare di sè sono, invece, i due re della comunicazione politica. Il riferimento è ovviamente a Matteo da Firenze e a Silvio da Arcore, considerando che l’opposizione Giorgia, a parte qualche uscita di Conte e delle promesse di Elly, sembra essere in ferie. Come pretendere, d’altronde, attivismo se la segretaria sente il bisogno di vacanza dopo neanche un mese dal passaggio di consegne.
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