Politica

FRATELLI COLTELLY

di Edoardo Sirignano -


Finisce l’era Serracchiani. Debora, questa volta, non riesce a spuntarla. La sempre presente dirigente, espertissima nei giochi di palazzo, dopo una serie di interminabili trattative, perde i gradi di generale. Per la prima volta sarà un soldato semplice tra i banchi di Montecitorio. Qualche cattiva lingua parla di promesse future. Le ragioni della scelta, invece, sono tre. La prima è di carattere strategico. Elly sa benissimo che qualsiasi segretario non può permettersi il lusso di non avere un proprio uomo o donna nella delicatissima casella della Camera. Il controllo delle truppe rosse, a quelle latitudini, non era riuscito neanche a due volponi come Renzi e Zingaretti. Tutti ricordiamo le tensioni e le iniziative fuori programma che caratterizzarono quelle stagioni. La seconda ragione, invece, si basa sull’equilibrio. Per battere Meloni e candidarsi ufficialmente come la sua ufficiale antagonista, la regina del Nazareno non può avere più mozioni e correnti. La conta è un pericolo da evitare a tutti i costi. Quando si mette nero su bianco, lo sanno anche i bambini, ci sono feriti, morti e dispersi. Ecco perché, consigliata da uno stratega come Bettini, l’erede di Letta chiama il suo sfidante Bonaccini e stabilisce una sorte di pace augustea. Per arrivare a tale risultato, occorrono profili di convergenza. I migliori a disposizione nel calderone dem sono quelli di Chiara Braga e Francesco Boccia. La prima è un’ambientalista della prima ora, ma allo stesso tempo un ex militante di Base Riformista, ovvero una donna che conosce bene le stanze dei vari Guerini, Delrio e via dicendo. Il secondo, invece, è l’incarnazione pura dell’essere moderato. Difficile trovare una persona seduta in Parlamento che abbia mai litigato con il pugliese. Tutti sanno, al contrario, che quando c’è un problema bisogna rivolgersi al nativo di Bisceglie. Stiamo parlando di chi, pur sudando sette camice, è riuscito a mettere ordine nel caos campano o di chi, nel bene o nel male, ha tenuto per mesi la delega o meglio ancora la patata bollente degli enti territoriali. Avere a che fare con i sindaci e i consiglieri Pd non è impresa facile per nessuno. L’ex ministro, inoltre, serve a togliere quella bandiera rossa, considerando il suo passato non certamente da compagno, che a molti ex Dc del Nazareno non piace. La terza ragione, infine, è fare squadra. Dietro ogni vittoria, non c’è mai un singolo o una singola. C’è sempre un collettivo. La vera forza della campagna elettorale di Schlein è la capacità di tenere unito un gruppo eterogeneo, di motivarlo e perché no di farlo sognare in grande. Se Schlein garantiva Malpezzi e Serracchiani, l’entusiasmo dei piccoli rivoluzionari sarebbe scomparso, a vantaggio dei soliti noti. Per tale ragione, meglio premiare chi, invece, si è rimboccato le maniche e ha avuto la regia durante un congresso, che non è stato certamente tra i più semplici. Tali principi, quindi, saranno centrali anche per quanto riguarderà la prossima segreteria. Elly dovrà innanzitutto garantire quelle persone ormai diventate simbolo di un mutamento. Soltanto facendo apparire all’esterno la parola magica della discontinuità, si riuscirà a tenere buoni chi, invece, è alla porta a chiedere il conto. Quei signori, alla fine, verranno accontentati sempre. Bonaccini certamente non rimarrà senza una sua rappresentanza nel Nazareno. Ogni pace, d’altronde, ha un costo. Mettendo avanti i vari Saccarino, Furfaro, Gribaudo e via dicendo, però, sarà gettato in aria quel fumo giusto e indispensabile a nascondere le vere operazioni. Il governatore dell’Emilia, ad esempio, ha chiesto un seggio blindato a corte per i due suoi più fidati generali. Stiamo parlando di Davide Baruffi e Alessandro Alfieri. Questi ultimi avranno il delicatissimo compito di avere il pugnale sempre puntato verso la donna a cui non sono permessi più errori. Bisognerà, poi, senza far rumore garantire il diritto di tribuna promesso a Cuperlo, la visibilità concessa a De Micheli e una serie di poltrone e poltroncine, senza delle quali non si può avere equilibrio. Soltanto così si avrà quella serenità necessaria per affrontare la campagna elettorale della vita per la sinistra. Non basta qualche punto, dovuto alla luna di miele delle primarie, a far dimenticare sbagli inaccettabili. Per coprire gli errori servono anni. L’elettorato che non è andato a votare alle ultime regionali non è certamente quello della destra. Occorre, piuttosto, un percorso lineare, senza curve improvvise. La tensione, in un momento particolarissimo della storia, non è ammessa. La giovane deputata, nei fatti un prodotto da laboratorio, lo sa benissimo e quindi butta l’acqua per evitare fuochi. Le europee si avvicinano e lì mettere solo un dito al traguardo davanti a Giorgia significherebbe riaprire una partita, che non è del tutto chiusa. I partiti, oggi, si sgonfiano e si gonfiano come dei palloncini, a maggior ragione se siamo di fronte a un popolo preoccupato per i propri risparmi e bramoso di rivoluzioni. Il messaggio di Bertinotti alla novella Schlein vale più di mille parole: la classe dirigente è di fronte a un’onda, che può essere cavalcata e quindi ti porta avanti o ti spezza in due. A proposito di scissione, c’è sempre un Matteo dietro l’angolo, che come la peggiore iena, non lascia neanche una carcassa nella savana. Tutti sanno che se al giglio concedi un dito, lui si prende la mano. Per fare sintesi, Elly, pertanto, per intravedere Palazzo Chigi dovrà tenersi stretta la sinistra del redivivo Conte, guardarsi dal solito “stai sereno” e perché no cambiare look per diventare simpatica a un popolo stanco di vedere davanti agli occhi la solita minestra.


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