“Rubo, rubiamo, è il nostro lavoro” E il problema è l’autore del video…
Prima ti “fottono” poi ti “sfottono”su i social. Per la serie cornuti e mazziati. Sono giovani, leste e furbe. Contribuiscono all’incremento demografico non per amore ma per scopi ben più squallidi. Arrivano a sfornare un figlio all’anno che depositano nei campi rom, per correre nelle metropolitane milanesi indisturbate e munite di certificato di gravidanza o di maternità da esibire al primo poliziotto che osi chiedere spiegazioni . In altre parole sono impunite. Ossia non punibili da una legge che consente loro di farla franca ad ogni furto, seppur colte in flagranza di reato( legge 146 CP) che tradotta volgarmente recita: ladra con prole o in gravidanza, libera di delinquere.
Ed è grazie all’opera di volontari cittadini che filmano le lestofanti se ora nelle metropolitane il passeggero è messo sull’avviso e sa come tentare di difendersi. Qui, nasce però, l’indignazione di molti spesso più ideologica che effettiva, sull’opportunità di sbattere il mostro in prima pagina. Da settimane è nato un dibattito pubblico su quei video che ritraggono gruppetti di signorine salire e scendere dal mezzo pubblico, agghindate in vario modo, chi sobrio, chi più vistoso urlanti frasi sconnesse, offensive e giustificative del loro operato , follemente considerato un lavoro: “Rubo, rubiamo è il nostro lavoro” questo l’odioso ritornello. Manca solo che dicano non disturbateci nell’esercizio della professione.
Quasi quasi ci siamo.
Se il problema diventa l’autore del video e non l’autrice del furto…
Come accaduto dopo le lamentele di una consigliera comunale del PD che suggeriva ai milanesi di spegnere le videocamere, perché filmare le borseggiatrici è gogna, allora vuol dire che qualcosa non funziona davvero nel nostro Paese o meglio nella nostra politica.
Illustri giuristi criticano la legge che in virtù dei minori a carico consente alle ladruncole di ritornare al campo rom e di riprendere servizio l’indomani se non il giorno stesso in un altro angolo di strada. Tornare da chi le rimette sulla strada a delinquere, a chi giova?
Non certo ai bimbi, non certo alle poverette, non certo alla collettività che si ritrova a sera senza portafoglio, smartphone e più che mai spaventata. Allora si pensi alla detenzione altrove se non il carcere, ma non possiamo consentire che chi ruba non venga punito, come se non avesse compiuto nessun reato.
Purtroppo l’ultima riforma va nella direzione opposta; depenalizzazione di alcuni reati cosiddetti meno gravi, l’assurda abolizione della denuncia d’ufficio.
Se a ciò aggiungiamo la preoccupazione per la privacy del malfattore, si arriva diretti alla persecuzione della vittima. Situazione già nota anche in altri reati più gravi.
Dicevamo, le borseggiatrici: giovani, rapide e linguacciute. Un vero e proprio business il loro. Candidamente una di loro, di origine bosniaca ha dichiarato di guadagnare la modica somma di mille euro al di’, che moltiplicati per trenta giorni al mese fanno trenta mila euro, poiché non sono previste pause o riposi infrasettimanali.
Tuttavia oggi inizia ad essere un mestiere lievemente inflazionato perché nella Milano tornata ad essere la Milano da bere, nel week end arrivano le trasfertiste in camper, le quali senza preavviso occupano gli spazi più fruttiferi bellamente. Se però si considera che, come dichiarato da una veterana 29 enne con 9 figli all’attivo, è una attività che può durare a lungo. S’impara l’arte nell’adolescenza e si prosegue fino agli 80 anni, se in forma per correre e fuggire all’occorrenza.
Quindi nessun attenzione all’età pensionabile 60/65/68, si procede a oltranza, soprattutto esentasse. Quasi quasi val la pena un pensierino…
Salvo però rendersi conto che se non si pone fine a questo scempio, si è complici di una forma di violenza e sfruttamento che tra le righe, nelle parole della bosniaca intervistata dal Corriere, si coglie. La donna spiega come l’organizzazione di tutto il malaffare sia nelle mani degli uomini, ai quali spetta il compito di contare il denaro, la sera e chissà magari di usare anche violenza quando la cifra non corrisponde alle aspettative.
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