Falco Bce tassi in alto
La Banca centrale europea tira a dritto e a dispetto degli analisti che auspicavano un rialzo minore, aumenta il costo del denaro di 50 punti base. E non di 25, vista la situazione delicata dovuta alla crisi delle banche importata dagli Usa. I tassi salgono dunque al 3,5 per cento. Il tasso sui depositi sale al tre per cento. L’Istituto di Francoforte assicura di seguire con attenzione le tensioni sui mercati, ma non cambia linea, né riduce l’aumento come auspicato. Nel comunicato di fine vertice, il consiglio direttivo della Bce afferma che l’inflazione “dovrebbe rimanere troppo elevata per un periodo di tempo troppo prolungato”. L’elevato livello di incertezza, dice l’Eurotower, “accresce l’importanza di un approccio fondato sui dati per le decisioni”. Tuttavia, scompare dal comunicato il riferimento a voler continuare “ad aumentare i tassi di interesse in misura significativa a un ritmo costante e a mantenerli su livelli sufficientemente restrittivi da assicurare un ritorno tempestivo dell’inflazione al suo obiettivo del due per cento nel medio termine”, come nella formulazione dell’ultimo vertice di febbraio.
L’Eurotower usa toni rassicuranti
“Il Consiglio direttivo segue con attenzione le tensioni in atto sui mercati ed è pronto a intervenire ove necessario per preservare la stabilità dei prezzi e la stabilità finanziaria nell’area dell’euro. Così la presidente della Bce Christine Lagarde, aggiungendo che il settore bancario dell’area dell’euro è dotato di buona capacità di tenuta, con solide posizioni di capitale e liquidità. Se ciò non bastasse, precisa la Lagarde, “la Bce dispone di tutti gli strumenti necessari per fornire liquidità a sostegno del sistema finanziario dell’area dell’euro, qualora ve ne sia l’esigenza, e per preservare l’ordinata trasmissione della politica monetaria”.
La numero uno dell’Eurotower guarda anche al calo dei prezzi energetici e fa presente che è importante revocare gli interventi straordinari in maniera concordata. “Qualsiasi misura che disattenda questi criteri probabilmente – secondo la Lagarde – sospingerà al rialzo le pressioni inflazionistiche di medio termine, rendendo necessaria una risposta più forte di politica monetaria”. Nello specifico, fa presente che “gli interventi pubblici volti a proteggere l’economia dall’impatto degli elevati prezzi energetici dovrebbero essere temporanei, mirati e modulati al fine di preservare gli incentivi a un minore consumo di energia”.
Come ampiamente previsto e anticipato dai singoli banchieri centrali dei Paesi Ue, la Lagarde rassicura tutti affermando che il settore bancario dell’eurozona sarebbe in una situazione molto migliore rispetto al 2008, quando scoppiò la crisi dei mutui subprime. La Bce ha imparato la lezione e da allora ha preso le debite contromisure sul fronte della vigilanza con l’introduzione di Basilea 3. Ciò detto, “la nostra determinazione a riportare l’inflazione al due per cento è assolutamente intatta”, chiarisce la Lagarde in conferenza stampa a Francoforte, sottolineando che il consiglio è pronto a prendere tutte le misure necessarie tenendo conto dei dati macro. “Abbiamo dimostrato in passato che la Bce può dimostrare creatività se ci fosse una crisi di liquidità, ma – conclude – non la vediamo attualmente”.
Le regole Bce non funzionano con questa inflazione
Tuttavia, a detta di numerosi esperti, la politica monetaria portata avanti nell’ultimo anno dalla Bce sull’aumento dei tassi per contrastare l’aumento dell’inflazione, espone oltremodo il sistema bancario-finanziario a rischi sistemici, proprio come quello del 2008. All’aumento repentino dei tassi ha corrisposto infatti una caduta dei corsi degli asset obbligazionari in circolazione generando potenziali problemi di liquidità nel sistema bancario. In effetti, potrebbe materializzarsi quella che viene definita la teoria del cigno nero, ossia un evento non previsto, che ha effetti rilevanti e che, a posteriori, viene razionalizzato in modo inappropriato e giudicato prevedibile con il senno di poi.
I numeri d’altronde parlano chiaro: gli schemini e i diagrammi della Bce non coincidono con l’attuale realtà dei fatti. L’aumento dell’inflazione in atto non ha nulla a che fare con un presunto aumento della domanda dei consumatori. Né è vero che l’aumento dei prezzi dell’energia e della tecnologia stiano aumentando i costi di produzione nell’eurozona. L’inflazione ha invece determinato profitti record per le aziende dell’area dell’euro. Al contempo i salari perdono progressivamente potere d’acquisto. Di tutto questo la Bce sembra non curarsene. Alla faccia dell’economia dell’eurozona e delle dfficoltà causate dalla crisi globale.
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