Napoli e il rigassificatore “Vogliono trasformarci in una piattaforma di gas”
“Deposito GNL nel porto di Napoli – Proponenti Edison e Kuwait Petroleum Italia”: con questa indicazione, classificata con il codice ID VIP 5953, la Commissione Tecnica di Verifica dell’Impatto Ambientale Via-Vas del ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica ha esaminato ieri pomeriggio l’opera che le due compagnie petrolifere vogliono installare dal 2020 nel Porto di Napoli e di cui abbiamo già scritto qualche giorno fa. Muti, ieri pomeriggio, i telefoni della Commissione che nacque nell’agosto del 2019, celebrata dall’allora ministro 5Stelle Sergio Costa. Laboriosa, al tempo, la costituzione di un organismo che ne sostituiva uno scaduto dopo essere stato nominato più di dieci anni fa e perfino oggetto di “inchieste e rilievi della Corte dei Conti”, notava Costa, per le nomine decretate nella precedente legislatura.
Una Commissione con una funzione rilevante: “valutazioni di impatto ambientale dei progetti, delle opere, dalle trivellazioni ai grandi impianti industriali”. E Costa chiosava, dopo il” la” definitivo a una procedura che aveva selezionato 1200 candidature: “Perché tra ambiente e salute c’è un rapporto imprescindibile”. “Valutare grandi impianti industriali”, come il Deposito costiero da 20mila mc di Edison e Q8 presso il molo Vigliena del capoluogo campano: un ormeggio di metaniere con capacità tra 4 mila e 30mila mc presso i due accosti esistenti; trasferimento del Gnl dalle metaniere al deposito con capacità complessiva di 20 mila mc; trasferimento di Bio-Gnl proveniente dalle autocisterne al deposito; stoccaggio in un serbatoio atmosferico a integrità totale con capacità utile di 20 mila mc; caricamento su bettoline e su autobotti e isocontainer; operazioni di bunkeraggio diretto; operazioni di transhipment tra metaniera e bettolina, gestione con motore a combustione interna per produzione di energia tramite gas sviluppati tramite evaporazione. Questi, i dettagli.
Ed è questo che ha fatto tanta paura a Napoli. Che, con comitati civici e associazioni, si è affiancata al parere negativo di Comune, Regione e Autorità portuale. E che la situazione sia difficile lo testimoniano i telefoni. Muti al Mase, muti in casa Edison e Q8, cui da giorni L’identità chiede commenti. Nelle risposte, garbate, l’intenzione di non commentare l’esito apparentemente finale della proposta, nella Commissione ministeriale.
“Non mi meraviglierei che da un ministero di questo Governo venga l’ok all’ipotesi di Deposito cui ci opponiamo da anni – dice Paolo Fierro di Medicina Democratica che ha sottoscritto con molti altri una serie di lunghe osservazioni inviate al Mase, le cui molte pagine condannano l’impianto – . Sarebbe coerente con quanto detto in campagna elettorale dal centrodestra sui temi energetici”. E poi ricorda che, per esempio, Edison e Q8 avevano messo in discussione perfino l’ufficialità del Referto Epidemiologico Comunale, uno degli strumenti considerati indispensabili da chi si oppone al Deposito per fare una seria valutazione dell’intera situazione socio-sanitaria dell’area.
“L’impianto è una forzatura – denuncia Vincenzo Morreale del Comitato San Giovanni a Teduccio – in un ambito saturo ove ci sono altre attività altrettanto pericolose, a rischio e da dismettere o delocalizzare, a ridosso del Forte di Vigliena che è area archeologica. Mentre l’Europa decideva un futuro per il clima e la decarbonizzazione con le sue note scadenze al 2030 e a 2050, qui, in un’area classificata “a rischio di incidente rilevante”, comandano sempre di più gli idrocarburi delle grandi holding, scegliendo la ricetta del ‘900 con più petrolio, più gpl, più benzina, più kerosene, mentre il Prg di Napoli prevede la dismissione e la riqualificazione degli impianti petroliferi. Gli interessi economici sono tanti, e nessuna compagnia rinuncia ad un business sempre più forte. Tutto questo, a ridosso dell’area orientale di Napoli ove vivono 120mila abitanti. Solo nel nostro quartiere siamo 24mila”. E poi snocciola i dati della disoccupazione: 2500 nel suo quartiere, circa 12mila in tutta l’area Est di Napoli. A fronte dei quali Edison e Q8 hanno previsto, aggiunge “10 posti di lavoro per la comunità locale sui soli 30 lavoratori che vi saranno impegnati”. Un segnale di ennesima amarezza, che si aggiunge ai frammenti di un racconto più ampio che il nostro quotidiano si ripromette di fare. In sintesi, sembra tramontata a Napoli l’idealità che anni fa inseguiva: più città, meno periferia. Tutta l’area orientale del capoluogo si manifesta come condannata. E predestinato all’intensificazione del traffico marittimo e commerciale – una previsione registrava una sua possibile crescita del 350% – appare essere l’intero tratto costiero della zona dove per esempio sono stati rilevati 26 scarichi fognari e dove dal 1949 non si riesce a decidere il destino dell’ex Corradini, 6 mila mq ove arrivarono a lavorare 7.500 operai. Di quale “ecosistema marino”, qui, possono fruire 120 mila persone?
Una denuncia che è amplificata dalle parole di Elena Coccia, avvocato ed ex consigliera comunale, esponente dei Giuristi Democratici, oggi segretaria di Rifondazione Comunista. “Siamo da sempre contro l’impianto di Edison e Q8 – dice -. E i fatti, ogni giorno di più, alimentano il nostro sospetto che Napoli e l’intero Sud diventino un hub del gas, mentre le grandi imprese lo lasciano per tornare al Nord. Il Deposito non è un’opportunità. E’ un pericolo, un rischio di nuova destabilizzazione per un territorio già caratterizzato da quello sismico, alimenterebbe l’inquinamento dell’aria e del mare, aumenterebbe il traffico su strada. Un ennesimo danno per una popolazione che ha già un’aspettativa di vita di 4 anni inferiore a quella del Nord”.
Una Commissione con una funzione rilevante: “valutazioni di impatto ambientale dei progetti, delle opere, dalle trivellazioni ai grandi impianti industriali”. E Costa chiosava, dopo il” la” definitivo a una procedura che aveva selezionato 1200 candidature: “Perché tra ambiente e salute c’è un rapporto imprescindibile”. “Valutare grandi impianti industriali”, come il Deposito costiero da 20mila mc di Edison e Q8 presso il molo Vigliena del capoluogo campano: un ormeggio di metaniere con capacità tra 4 mila e 30mila mc presso i due accosti esistenti; trasferimento del Gnl dalle metaniere al deposito con capacità complessiva di 20 mila mc; trasferimento di Bio-Gnl proveniente dalle autocisterne al deposito; stoccaggio in un serbatoio atmosferico a integrità totale con capacità utile di 20 mila mc; caricamento su bettoline e su autobotti e isocontainer; operazioni di bunkeraggio diretto; operazioni di transhipment tra metaniera e bettolina, gestione con motore a combustione interna per produzione di energia tramite gas sviluppati tramite evaporazione. Questi, i dettagli.
Ed è questo che ha fatto tanta paura a Napoli. Che, con comitati civici e associazioni, si è affiancata al parere negativo di Comune, Regione e Autorità portuale. E che la situazione sia difficile lo testimoniano i telefoni. Muti al Mase, muti in casa Edison e Q8, cui da giorni L’identità chiede commenti. Nelle risposte, garbate, l’intenzione di non commentare l’esito apparentemente finale della proposta, nella Commissione ministeriale.
“Non mi meraviglierei che da un ministero di questo Governo venga l’ok all’ipotesi di Deposito cui ci opponiamo da anni – dice Paolo Fierro di Medicina Democratica che ha sottoscritto con molti altri una serie di lunghe osservazioni inviate al Mase, le cui molte pagine condannano l’impianto – . Sarebbe coerente con quanto detto in campagna elettorale dal centrodestra sui temi energetici”. E poi ricorda che, per esempio, Edison e Q8 avevano messo in discussione perfino l’ufficialità del Referto Epidemiologico Comunale, uno degli strumenti considerati indispensabili da chi si oppone al Deposito per fare una seria valutazione dell’intera situazione socio-sanitaria dell’area.
“L’impianto è una forzatura – denuncia Vincenzo Morreale del Comitato San Giovanni a Teduccio – in un ambito saturo ove ci sono altre attività altrettanto pericolose, a rischio e da dismettere o delocalizzare, a ridosso del Forte di Vigliena che è area archeologica. Mentre l’Europa decideva un futuro per il clima e la decarbonizzazione con le sue note scadenze al 2030 e a 2050, qui, in un’area classificata “a rischio di incidente rilevante”, comandano sempre di più gli idrocarburi delle grandi holding, scegliendo la ricetta del ‘900 con più petrolio, più gpl, più benzina, più kerosene, mentre il Prg di Napoli prevede la dismissione e la riqualificazione degli impianti petroliferi. Gli interessi economici sono tanti, e nessuna compagnia rinuncia ad un business sempre più forte. Tutto questo, a ridosso dell’area orientale di Napoli ove vivono 120mila abitanti. Solo nel nostro quartiere siamo 24mila”. E poi snocciola i dati della disoccupazione: 2500 nel suo quartiere, circa 12mila in tutta l’area Est di Napoli. A fronte dei quali Edison e Q8 hanno previsto, aggiunge “10 posti di lavoro per la comunità locale sui soli 30 lavoratori che vi saranno impegnati”. Un segnale di ennesima amarezza, che si aggiunge ai frammenti di un racconto più ampio che il nostro quotidiano si ripromette di fare. In sintesi, sembra tramontata a Napoli l’idealità che anni fa inseguiva: più città, meno periferia. Tutta l’area orientale del capoluogo si manifesta come condannata. E predestinato all’intensificazione del traffico marittimo e commerciale – una previsione registrava una sua possibile crescita del 350% – appare essere l’intero tratto costiero della zona dove per esempio sono stati rilevati 26 scarichi fognari e dove dal 1949 non si riesce a decidere il destino dell’ex Corradini, 6 mila mq ove arrivarono a lavorare 7.500 operai. Di quale “ecosistema marino”, qui, possono fruire 120 mila persone?
Una denuncia che è amplificata dalle parole di Elena Coccia, avvocato ed ex consigliera comunale, esponente dei Giuristi Democratici, oggi segretaria di Rifondazione Comunista. “Siamo da sempre contro l’impianto di Edison e Q8 – dice -. E i fatti, ogni giorno di più, alimentano il nostro sospetto che Napoli e l’intero Sud diventino un hub del gas, mentre le grandi imprese lo lasciano per tornare al Nord. Il Deposito non è un’opportunità. E’ un pericolo, un rischio di nuova destabilizzazione per un territorio già caratterizzato da quello sismico, alimenterebbe l’inquinamento dell’aria e del mare, aumenterebbe il traffico su strada. Un ennesimo danno per una popolazione che ha già un’aspettativa di vita di 4 anni inferiore a quella del Nord”.
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