Ambiente

UN PIANO PER IL CLIMA

di Redazione -


di GIORGIO BRESCIA
“Il Governo è stato di parola”: così nel dicembre scorso Legambiente commentava l’avvenuta pubblicazione del Piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici sul sito del Mase. Il documento era rimasto nelle nebbie della burocrazia ministeriale per 5 anni, caduto il governo guidato da Paolo Gentiloni. Ora le 100 pagine e gli allegati vanno a consultazione. Al via, sul portale del ministero dell’Ambiente e della Sicurezza energetica: la proposta di Piano è aperta per 45 giorni al contributo e alle osservazioni di cittadini, comunità, associazioni.
L’intento del dicastero guidato da Gilberto Pichetto Fratin, attraverso il documento che aggiorna e integra il Pnacc di 5 anni fa, è di fornire linee guida per indirizzare le azioni di cittadini, amministrazioni e aziende nella riduzione dei rischi connessi con i cambiamenti climatici. “Aggiorniamo questo importante strumento di programmazione – ribadisce il ministro – alla luce di quanto accaduto negli ultimi cinque anni, col ripetersi di eventi estremi, sempre più frequenti e intensi, e delle stagioni di siccità che stanno mettendo a dura prova i bacini idrici e le nostre coltivazioni. Oggi c’è anche un nuovo Governo che ha idee chiare, un ampio mandato politico degli italiani e che, quindi, intende affrontare con determinazione criticità vecchie e nuove del nostro Paese”.
Un richiamo, quello del ministro, alle stagioni ripetute di siccità che stanno colpendo sempre più il Centro-Nord e che si sposa con i dati delle cronache quotidiane ma anche con le nette analisi del CNR: “L’Italia ha chiuso il 2022 ancora in deficit idrico. Continua a soffrire tutto il Nord e parte del centro. Valle d’Aosta, Piemonte, Veneto, Friuli e Trentino-Alto Adige sono le regioni con la maggiore superficie esposta, seguiti dalla Calabria al Sud. La percentuale di popolazione esposta a siccità severo-estrema è del 38%”.
Numeri e dati che avevano indotto, solo pochi giorni fa, anche il ministro dell’Economia e delle Finanze Giancarlo Giorgetti a guardare a “un grande piano di infrastrutturazione, perché il tempo passa e dobbiamo essere pronti con gli invasi non solo per l’agricoltura ma anche per la produzione di energia idroelettrica. Il tema dell’acqua deve diventare un tema di rilevanza strategica come quello dell’energia”.
Il Piano Invasi ma non solo, allora. In una visione strategica e più ampia, il Pnacc si configura come lo strumento per indicare la strada per migliorare la capacità di adattamento dei territori, rafforzandone la resilienza e riducendo le vulnerabilità esistenti. Intervenendo sui sistemi naturali, sociali ed economici non solo per contenere i rischi, ma anche per cogliere le eventuali opportunità che si potranno determinare da nuove condizioni climatiche.
Sono finora 24 i Paesi dell’Ue (a cui si aggiunge il Regno Unito) arrivati ad un piano nazionale o settoriale di adattamento al clima. L’Italia non è ancora tra questi. “Il nostro Paese – è scritto nel Raporto Clima recentemente pubblicato da Legambiente – deve arrivare alla sua approvazione entro fine anno. Inoltre, come dimostrato da vari esempi continentali, è fondamentale iniziare a prevedere futuri Piani settoriali specifici, in particolare vista la conformazione dell’Italia, Piani di adattamento delle aree costiere, che tengano in considerazione anche turismo e patrimonio dei beni archeologici e storici come settori chiave da preservare”. Piano nazionale e piani settoriali, per non avere più emergenze.

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