Politica

IL VIAGGIO DEL PREMIER

di Maurizio Zoppi -

GIORGIA MELONI PREMIER KATALIN NOVAK PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA DI UNGHERIA


Andiamo a Berlino! Ma questa frase che ricorda la finale dei mondiali del 2006 oggi riguarda la premier Giorgia Meloni. Nessuna coppa del mondo o prestazione sportiva: la leader di FdI vola a Berlino per incontrare il cancelliere tedesco Olaf Scholz ed a Stoccolma dove si recherà dal governatore Ulf Kristersson. Tre i temi caldi: migranti, fondo Ue e l’allentamento degli aiuti di Stato. Due tappe in un solo giorno, in linea, probabilmente, con quanto dichiarato la settimana scorsa in una lunga intervista: “limitare al massimo le notti fuori casa, facendo di tutto per tornare a casa” anche quando è all’estero. Il viaggio europeo arriva ad una manciata di giorni dal Consiglio straordinario europeo del 9 e 10 febbraio. Summit che potrebbe essere preceduto anche da una “puntata” su Parigi. Tematiche alquanto aspre, già nella prima tappa della sua missione a Stoccolma. Perché, mentre Roma chiede con forza una soluzione europea in tempi stretti, la Svezia è da annoverare tra i paesi che non vogliono cambiare le norme attuali. Non solo. Nelle settimane scorse il rappresentante di Stoccolma a Bruxelles, Lars Danielsson, in un’intervista al Financial Times ha detto apertamente che il nuovo patto migratorio non vedrà la luce durante la presidenza svedese: “ci si arriverà non prima della primavera del 202”, a suo giudizio. Ma con forza e in linea alle prospettive del suo governo, la Meloni vuole avere un cambio di passo, sin da subito, partendo della difesa dei confini esterni e migliorando l’azione in tema di rimpatri: e su questo è pronta a far valere le sue ragioni con il premier svedese, Ulf Kristersson. Con lui, naturalmente, Meloni affronterà anche il tema delle possibili modifiche alle norme sugli aiuti di Stato, alla luce dei potenziali effetti discriminatori verso le imprese europee provocati dai sussidi americani previsti dall’imponente Inflation Reduction Act varato dall’amministrazione Biden. Quasi 400 miliardi di dollari per accelerare la transizione green garantendo una serie di finanziamenti e aiuti pubblici a favore delle imprese ma anche delle famiglie americane per incentivarle a produrre e a comprare made in Usa. Una decisione che inevitabilmente si riflette sul sistema produttivo europeo, che rischia di perdere importanti quote di mercato. Un tema sui cui Stoccolma, che in generale non vede di buon occhio strumenti comuni di debito, dovrà mediare, avendo la presidenza e dunque ritrovandosi nel ruolo di ‘broker’. Modifiche alle norme per gli aiuti di Stato e migranti sulla rotta del Mediterraneo centrale saranno il piatto forte anche dell’incontro bilaterale con Scholz, fissato alle 15 in Cancelleria a Berlino. Di qui la necessità di trovare adeguate contromisure che per la Germania si dovrebbero tradurre in un allentamento dei vincoli degli aiuti di Stato. In altre parole i tedeschi chiedono di poter concedere incentivi anche sotto forma di crediti di imposta alle proprie imprese senza che questo possa essere censurato e sanzionato come violazione delle regole sulla concorrenza. Una decisione che però, inevitabilmente, favorisce i Paesi ricchi con maggiore spazio fiscale, come appunto la Germania ma anche la Francia. Spazio che non ha invece chi, prima fra tutti l’Italia, deve fare i conti con un debito “importante” che non consente di aumentare il deficit.

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