Cultura & Spettacolo

E POI FU JOYCE IL MODERNISTA

di Redazione -


di BENEDETTA BASILE

 

Nacque 141 anni fa a Dublino quello che fu considerato il più grande scrittore modernista, James Joyce.
Autore di capolavori come “Ulisse” e “Gente di Dublino”, ebbe un legame molto profondo anche con l’Italia, avendo vissuto e insegnato a Trieste e grazie alla forte amicizia che lo legava a Italo Svevo.
La produzione letteraria che lasciò in eredità non è molto vasta, nonostante ciò, fu di fondamentale importanza per lo sviluppo della letteratura del XX secolo.
Per la sperimentazione linguistica presente nelle sue opere è anche considerato uno dei migliori scrittori di tutti i tempi.
James Joyce nacque il 2 febbraio 1882 a Rathar, un elegante sobborgo di Dublino in quello che allora era ancora considerato territorio britannico.
La sua fu una famiglia medioborghese profondamente cattolica, il padre John Stanislaus Joyce era originario di Cork e la madre era Mary Jane Murray.
James era il primogenito dei dieci fratelli sopravvissuti, due dei suoi fratelli, infatti, persero la vita in tenerissima età, a causa della febbre tifoidea. Nel 1887, per motivi di lavoro del padre, si trasferirono a Bray, una piccola città a circa 20 chilometri da Dublino.
Fu proprio a Bray che James venne morso da un cane, motivo della sua cinofobia. Un’altra paura nutrita dallo scrittore da giovane fu quella dei temporali, perché una zia molto religiosa gli raccontò che erano il segno della rabbia di Dio.
Queste sono solo alcune delle tante paure che caratterizzarono la vita di Joyce.
Iniziò a scrivere molto giovane, anzi è il caso di dire, ancora piccolo, visto che il libello rivolto al nazionalista irlandese Timothy Healy lo compose a soli 9 anni.
Quando nel 1888 l’autore dovette abbandonare il Clongowes Wood College, studiò per qualche tempo a casa, poi brevemente alla scuola dei Fratelli Cristiani, fino a quando, per i suoi ottimi voti, fu accolto gratuitamente al Belvedere College, un collegio gesuita.
A soli 16 anni Joyce aveva già un carattere ribelle e anticonformista e rifiutò il Cristianesimo, anche se la filosofia di San Tommaso d’Aquino influenzò molto la sua vita.
Le condizioni economiche della famiglia si aggravarono sempre più, fino ad arrivare alla povertà dopo la morte della madre, avvenuta nel 1903.
Una volta conseguita la laurea, per un breve periodo ebbe il desiderio di studiare medicina alla Sorbona, così decise di trasferirsi a Parigi.
Rientrato a Dublino, lavorò come insegnante privato e nel 1904 sposò Nora Barnacle. Fu l’unica donna della vita di Joyce, gli rimase accanto per tutta la vita ed ebbero due figli, Giorgio e Lucia.
In seguito lasciò definitivamente l’Irlanda per trasferirsi in un primo momento a Pola e l’anno seguente e Trieste dove rimase fino al 1915, a parte una piccola parentesi a Roma tra il 1906 e il 1907.
Nella città friulana insegnò in molti istituti, tra cui la Berlitz e fece amicizia con Italo Svevo.
Purtroppo però Joyce fu costretto a trasferirsi a Zurigo per sfuggire alla guerra, dove entrò in contatto con Ezra Pound.
Nel 1920 tornò a Parigi dove rimase per ben vent’anni frequentando Valery Larbaud, Aragon, Eluard, TH.S. Eliot, Hemingway, Fitzgerald e Beckett.
Fu il 2 febbraio 1922, giorno del quarantesimo compleanno dello scrittore, che venne pubblicato Ulisse.
Dieci anni dopo la figlia Lucia iniziò a manifestare i primi sintomi di schizofrenia, fu lei a diventare la musa di Joyce nella stesura di “Finnegans Wake”. Il romanzo però ottenne delle durissime critiche e la depressione di cui già soffriva l’autore si accentuò ulteriormente. Inoltre, dovette sottoporsi a interventi oculistici per l’insorgenza di cataratta e glaucoma.
Alla fine del 1940 si trasferì a Zurigo dove l’anno dopo fu operato per un’ulcera duodenale, ma il giorno dopo l’intervento entrò in coma e il 13 gennaio 1941 alle 3 del mattino morì. Il suo corpo venne cremato e la sue ceneri portare al cimitero di Fluntern, dove si trovano anche quelle di Nora e del figlio Giorgio.
Nel 1985 venne istituita la “Fondazione James Joyce di Zurigo”, un archivio, centro do documentazione con biblioteca e museo letterario, affinché rimanesse viva la memoria dell’opera dello scrittore irlandese.


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