Verso il Conclave, tra il desiderio di continuità e quello di una svolta
Dopo la scomparsa di papa Francesco, il Collegio dei cardinali chiusi in Conclave si appresterà a scegliere il 266º successore di Pietro, chiamato a raccoglierne una pesante e complessa eredità. La Chiesa si trova oggi in un momento delicato: i “cantieri aperti” da Bergoglio, come lui stesso amava definirli, sono numerosi e toccano punti vitali della vita ecclesiale. Il prossimo Pontefice dovrà decidere se proseguire su questa strada o imprimere una svolta. Quando nel 2013 Benedetto XVI rinunciò al pontificato, la Chiesa era scossa da scandali interni, prime fra tutte le rivelazioni su abusi sessuali e il caso Vatileaks. Il compito affidato allora al nuovo Papa fu quello di rilanciare la missione evangelizzatrice e ricostruire la credibilità della Chiesa. Jorge Mario Bergoglio, eletto come outsider, ha cercato di rispondere a quel mandato con decisione, pur tra ostacoli e resistenze. Nel corso di dodici anni di pontificato, Francesco ha avviato riforme profonde. Ha ridefinito le strutture economiche e finanziarie vaticane, ristrutturato la Curia romana attribuendo responsabilità di governo anche a laici e donne, rafforzato gli strumenti per la tutela dei minori, e adottato uno stile personale fatto di semplicità, prossimità agli ultimi e determinazione nella promozione della pace e del dialogo interreligioso. Il suo impulso ha riacceso lo spirito del Concilio Vaticano II, spingendo la Chiesa verso una rinnovata apertura e inclusività. L’ultima grande sfida aperta da Francesco è quella della “Chiesa sinodale”, un processo di ascolto, partecipazione e corresponsabilità che si è già concretizzato in due sinodi e che sfocerà, nel 2028, in una grande assemblea ecclesiale. È una visione ecclesiale che rompe con il clericalismo e punta a una Chiesa più orizzontale, dove la voce del popolo di Dio possa incidere sui processi decisionali.
Questa mole di riforme rappresenta oggi l’eredità con cui dovrà confrontarsi il Conclave. Il nuovo Papa sarà chiamato non solo a custodirla, ma a interpretarla e svilupparla secondo le proprie sensibilità. Avrà bisogno di carisma, visione e autorevolezza, ma anche di capacità di governo per guidare un’istituzione complessa e globale come la Chiesa cattolica. Tuttavia, l’esito del Conclave si presenta tutt’altro che scontato. Nonostante 108 dei 135 cardinali elettori siano stati nominati da Francesco, questo non significa automaticamente continuità. Il Collegio cardinalizio è molto eterogeneo, comprende anche voci critiche, e molti membri si conoscono poco fra loro. È possibile che emergano figure capaci di catalizzare il consenso attorno a un programma più prudente o addirittura restauratore. Non mancheranno tentativi di frenare o rivedere alcune delle svolte più discusse del pontificato di Bergoglio, dalla pastorale familiare (come la comunione ai divorziati risposati), alle aperture verso le coppie omosessuali, fino ai rapporti con le altre religioni. Settori più conservatori potrebbero puntare su un ritorno a forme più rigide di dottrina e disciplina ecclesiastica. Eppure, come già avvenne nel 2013, sarà fondamentale la forza comunicativa e spirituale di chi parlerà durante le congregazioni generali. Non è da escludere che alla fine emerga un nome a sorpresa, capace di unire il Collegio attorno a un progetto convincente. Il prossimo Papa sarà chiamato a decidere se proseguire nella rivoluzione iniziata da Francesco o aprire una nuova stagione. In entrambi i casi, la sfida sarà decisiva per il futuro della Chiesa.
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