“Don Piero” successore di Papa Francesco: il destino del cardinale Parolin
Per il cristiano è fondamentale la testimonianza credibile del suo tempo. È la cifra distintiva del concilio Vaticano II. Rivela come l’azione deve essere improntata agli insegnamenti del Vangelo, secondo canoni di amore e altruismo verso il prossimo vivificati dalla coerenza. La storia del settantenne pastore di anime Pietro Parolin, vicentino del piccolo comune di Schiavon, s’interseca con quella del futuro Papa Francesco nel 2009 all’epoca arcivescovo di Buenos Aires, quando è nominato da Benedetto XVI nunzio apostolico in Venezuela. Tra i due, seppur diversi caratterialmente, il gesuita metodico e generoso ma a volte fumantino, l’ambasciatore veneto riflessivo e determinato, si instaura grande feeling perché credono entrambi che bisogna parlare al cuore dei fedeli con semplicità, partendo dai poveri e dai valori conciliari. Ad unirli è la visione che in una società in crisi, e il Sud America è un laboratorio religioso e politico macroscopico, la presenza umile, coerente e ferma del cristiano impegnato nel cammino di fede, lo avvicina al volto trasfigurato di Cristo sulla Croce, che rinnova l’espiazione dei peccati del mondo, declinati nella difesa dei diritti e della dignità di ogni individuo. Perché ogni sforzo è orientato alla pace: dall’Ucraina al Sud Sudan, ovunque si combatta la Terza guerra mondiale a pezzi. Nei dodici anni in cui assolve il ruolo di Segretario di Stato della Santa Sede, fino alla morte del “Papa venuto dall’altra parte del mondo”, Parolin, a differenza del predecessore, non sbaglia una mossa sul piano internazionale e su quello interno. Sia quando si confronta col potere cinese impersonificato dal nuovo leader Xi Jinping, che quando gestisce gli affari correnti di una realtà complessa com’è la Chiesa di Roma, alle prese con le lotte di potere e lo scandalo della pedofilia, che ha fatto gettare la ferula al fragile e timido Benedetto. Giusto ieri mattina, davanti al bar dell’oratorio della parrocchia della Santissima Trinità, a Schio nel Vicentino, dove Parolin rimane per tutti “don Piero”, perché prima come diacono poi come viceparroco fino al 1983 iniziò il suo cammino sacerdotale, c’era chi ricordava la premonizione di monsignor Bruno Stenco, all’epoca arciprete di Schio. Quando “don Piero” fu nominato Segretario di Stato, don Bruno disse al Giornale di Vicenza. “Se potrà un giorno diventare Papa? Quello lo decide lo Spirito Santo perché è Dio che si rivela, ma dato che il Signore lo ha guidato fin qui, un domani potrebbe destinarlo a un compito ancora più importante. I talenti non gli mancano”. Un altro sacerdote che ha sempre tessuto le qualità umane e teologiche di “don Piero” è il 93enne Angelo Lancerin, suo primo parroco, che concelebrò con Papa Bergoglio a Santa Marta la messa nel marzo 2015, assieme a Parolin. “A 25 si vedeva che stava sbocciando in lui qualcosa di straordinario. Essere stato sua guida in quel periodo – afferma don Angelo, che si sente regolarmente con lui -, mi fa sentire partecipe di un disegno divino”. Certo, la Chiesa vicentina se da un lato è addolorata per la morte di Francesco, perché come afferma il vescovo Giuliano Brugnotto, nominato da Bergoglio nel 2022, “egli è stato un artigiano di pace, pieno di compassione per gli scartati, prediligeva piccoli e poveri, e difendeva il creato”, dall’altro è già in ansia per il conclave. Un Papa vicentino sarebbe la prima volta nella storia della Chiesa, anche se è fin troppo noto l’adagio che chi entra Papa in conclave esce cardinale. È altresì vero che sia nel caso di Ratzinger che di Bergoglio, eletti rispettivamente al 4° (2005) e 5° (2013) scrutinio, le previsioni della vigilia sono state rispettate. Tenuto conto che i cardinali elettori sono 135, mai così numerosi nella bimillenaria storia della Chiesa, tanti dei quali non si conoscono venendo da ogni parte del globo, il pastore vicentino che cita spesso Paolo VI e il Vaticano II, che parla correttamente francese, inglese e spagnolo e che interpreta lo spirito riformatore ancorato agli ultimi, potrebbe soddisfare l’ansia della Rivelazione di Dio insita nei cardinali. “Pietro Parolin – conclude Franco Venturella, già dirigente scolastico di Padova e Vicenza, attivo nella parrocchia di Ss. Trinità di Schio e amico di “don Piero” – si è sempre manifestato con quella capacità di prudenza e temperanza volta ad eliminare i dissidi e a trovare un punto di incontro tra le persone e gli Stati. In questa fase di conflittualità elevata saprebbe leggere i segni dei tempi, a partire dai fermenti di novità nella Chiesa. Se succedesse sarebbe una grande gioia”.
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