Attualità

Papa Francesco unificava l’opinione

di Livio Gigliuto -


Fotografare attraverso un sondaggio di opinione la storia di un personaggio emblema di questa prima parte del nuovo millennio come Papa Francesco è un esercizio delicato. È probabilmente ancora troppo presto per conoscerne e raccontarne l’impatto profondo, sia sul pianeta che sulle nostre singole vite.
Per questo, ho deciso di appoggiarmi alla memoria della ricerca, e in particolare di raccontare i risultati di un sondaggio che il mio Istituto ha condotto più di dieci anni fa: risale di preciso all’aprile del 2014.
Allora, era passato poco più di un anno dal 13 marzo 2013, giorno in cui il cardinale Jorge Mario Bergoglio, arcivescovo di Buenos Aires, si affacciava dalla Loggia centrale della Basilica di San Pietro, chiedendo al mondo di chiamarlo Francesco. Un nome che già conteneva un manifesto: povertà, semplicità, cura del creato, prossimità agli ultimi.
Un manifesto ambizioso che il nuovo Pontefice aveva dimostrato da subito di riuscire a sostenere con la pratica del suo operato: a distanza di pochi mesi dal suo insediamento, il suo livello di consenso presso la popolazione italiana era straordinariamente elevato, e superava gli 8 italiani su 10.
Un dato che, per chi si occupa di opinione pubblica, rappresenta una soglia raramente raggiunta da figure pubbliche, e che assume un valore ancor più forte se si considera la tradizionale complessità del rapporto tra religione e società.
Tutto ciò, col senno di poi, non sorprende. Conferma semmai l’eccezionale capacità comunicativa del Pontefice e il rapporto immediato che è riuscito a costruire, sin dai primi giorni del suo pontificato, con l’opinione pubblica italiana. Un rapporto che si fonda su elementi molto specifici: la semplicità del linguaggio, l’attenzione agli ultimi, l’inclinazione al dialogo interreligioso e intergenerazionale, una rara capacità di empatia.
Io stesso, solo pochi mesi fa, ho avuto la straordinaria fortuna di conoscerlo, rimanendo sorpreso, in particolare, dalla capacità di improvvisare, di stupire, di “parlare dentro” all’interlocutore.
A sorprendere il ricercatore, quindi, non è tanto la dimensione del dato, del tutto prevedibile, quanto la sua diffusione capillare. Quell’alta percentuale di consenso era frutto di un sentimento condiviso, trasversale, omogeneo. Francesco piaceva già allora ai giovani e ai meno giovani, ai praticanti e ai distaccati, agli elettori di sinistra e a quelli di destra. Era, e forse lo è ancora, uno dei pochi personaggi pubblici capaci di unificare un Paese leggermente scucito. E questo, in un’Italia spesso polarizzata, ha un significato enorme.

Livio Gigliuto, Presidente Istituto Piepoli


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