Politica

Intervista a Paola Binetti: “Papa Francesco sempre dalla parte dei più deboli”

di Giuseppe Ariola -


Senatrice Paola Binetti, come vive la scomparsa di Papa Francesco un politico cattolico come lei?

“Senz’altro la vivo soprattutto da cattolico più che da politico e la vivo come chi sa di aver perso un Papa che è stato, sotto molti aspetti, veramente capace di riavvicinare tante fasce di popolo, tante fasce di persone, a quello che è l’ideale più genuino del Vangelo, che sono davvero i poveri, che sono davvero i malati, che sono le persone che in un certo senso il contesto culturale considera più sfortunate. Penso ai migranti, alle persone che affrontano difficoltà enormi per vivere una vita che sia migliore. Diciamo che Papa Francesco è stato fin dal primo momento schierato da questa parte, ma non con rassegnazione, piuttosto denunciando i rischi dell’indifferenza, denunciando quella cultura dello scarto che misura le persone soltanto per la capacità di essere produttivi, di essere performanti. Quindi la vivo come chi ha perso una testimonianza forte di come l’espressione profonda del Vangelo sia quella di ricordare a tutti noi il valore della fragilità, il valore della debolezza. Un po’ come quando diceva San Paolo, ‘Quando sono più infermo, sono più forte’. E quella di Francesco, anche in questo senso, è stata una testimonianza straordinaria”.

L’attenzione per il sociale di Bergoglio ha dato un certo impulso anche alla politica e non solo a quella italiana. Su quali temi in particolare?

“Dal punto di vista politico, a mio avviso, le parole chiave, quelle che io considero più rilevanti da parte di Papa Francesco sono, prima di tutto, la pace. Quindi, innanzitutto, il netto ‘no’ alla guerra, anche senza entrare nel dettaglio di come dovrebbero essere poi formulati gli accorti di pace. Però la pace, prima di tutto e comunque, è avanti a ogni cosa. La seconda cosa, secondo me, importante sempre sotto il profilo politico, anche a livello internazionale che lui ha portato avanti, è stata tutta la vicenda dei migranti. Cioè, il diritto di tutte le persone a muoversi, potremmo pensarlo come un diritto di libertà, ma è altresì un diritto di cercare una vita, anche umanamente parlando, con condizioni migliori. E quindi destinato a chiunque, non solo ai rifugiati, ma a tutte le persone che provano a venire fuori da situazioni di povertà estrema, da situazioni di indigenza, anche per le condizioni climatiche e così via. Un terzo aspetto chiave, a mio avviso, è stato quello di ricordare che l’economia non può essere soltanto una logica di profitto, ma è prima di tutto un’economia di servizio. Non a caso ha creato quella fondazione dei giovani economisti di Papa Francesco. Ovvero un’organizzazione di giovani che sanno guardare all’economia come un cuore nuovo, un’intelligenza nuova, con una capacità di cambiare davvero le cose, le strutture. Quindi non solo in una logica assistenziale, ma proprio nella logica di un impegno strategico per rendere migliori le condizioni di vita. Quindi pace, accoglienza ed economia con un nuovo spirito, sono quelle che considero tipicamente espressioni di Francesco anche sul piano internazionale. E credo che su questi tre punti lui abbia mantenuto una coerenza assoluta e indefettibile. Non c’è mai stato nelle sue affermazioni qualcosa su cui si può fare un distinguo”.

Francesco è stato, come molti lo definiscono, un Papa per certi versi anche rivoluzionario. La sua attenzione è stata forte anche nei confronti delle donne. Una cosa forse un po’ insolita?

“A voler essere schietti, già aveva cominciato Giovanni Paolo II con la ‘Mulieris Dignitatem’. Ma cosa ha aggiunto Papa Francesco a quel grande input che aveva lanciato Giovanni Paolo II? La concretezza delle nomine in Vaticano di donne in posti chiave, classicamente riservati a cardinali o comunque a sacerdoti che avevano tradizionalmente occupato posti simili. Aver aperto veramente in Vaticano, in luoghi strategici, alla presenza di donne come soggetti capaci di prendere decisioni, è stata una scelta completa, molto diretta e molto precisa. Vogliamo che questa persona occupi questo posto per tanti motivi: di capacità, di competenza, ma anche proprio perché donna, perché troppe donne hanno subito discriminazioni e quindi è giunto il momento di darne testimonianza”.

È immaginabile che su questo aspetto si possa proseguire nel solco della sua eredità?

“Personalmente spero che non sia difficile, mi auguro che Francesco abbia aperto una strada o, come dicava lui, gettato un ponte. Un ponte sul quale il prossimo Papa possa andare avanti con una cooptazione sempre più ampia, più profonda e più significativa anche delle donne”.


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