Attualità

Attenti alla cacocrazia

di Angelo Argento -


Ha ragione l’antico proverbio siculo: “Cu’ l’asini ‘nta lu Senatu, a patria si fa latu” (Con gli asini al Senato la patria va in rovina). Questa sentenza popolare, intrisa di saggezza contadina, descrive una delle grandi contraddizioni della nostra epoca: il paradosso di una società che troppo spesso affida il potere a figure mediocri, ignorando il valore, la competenza e il merito. Il concetto di mediocrazia – il governo dei mediocri – è stato esplorato dal filosofo canadese Alain Deneault, che denuncia una società dove l’equilibrio si sposta verso chi non eccelle, non disturba, non innova. Una società che premia la conformità e penalizza il pensiero critico. Laddove dovrebbe regnare la meritocrazia – ovvero la valorizzazione delle capacità e dell’impegno – avanza una palude di grigiore decisionale, in cui le posizioni di potere vengono assegnate per appartenenza, convenienza o mediaticità, più che per merito reale. Eppure, l’ideale meritocratico ha radici profonde. Già nella Repubblica di Platone si sognava una società guidata dai filosofi, coloro che, per sapienza e giustizia, avrebbero potuto garantire il bene comune. Anche Aristotele, pur con una visione più realista, riconosceva il valore della virtù come criterio per guidare la polis. Ma nei secoli, il merito è spesso stato sacrificato sull’altare dell’opportunismo. Nel XVI secolo, Montaigne scriveva sull’importanza di riconoscere la propria mediocrità come esercizio di umiltà, ma il suo era un invito alla consapevolezza individuale, non una giustificazione per affidare il potere a chi non ha né visione né competenza. Oggi, invece, assistiamo a una sorta di “livellamento verso il basso”, dove eccellere viene visto con sospetto, mentre la mediocrità si camuffa da normalità rassicurante. La meritocrazia, ben inteso, non è priva di insidie. Il sociologo Michael Young, che coniò il termine nel 1958, lo fece con intento critico, descrivendo una società distopica dove il merito diventava un nuovo strumento di esclusione. Anche il filosofo contemporaneo Michael Sandel ci mette in guardia contro l’arroganza dei “vincitori” e l’umiliazione dei “perdenti” in un sistema che premia solo i più “adatti”. In una società dove gli asini siedono al Senato la lungimiranza lascia il posto alla burocrazia, la responsabilità cede alla propaganda, e il bene comune viene sacrificato sull’altare della convenienza personale. La sfida è ricostruire un equilibrio, dove il merito torni a essere riconosciuto, ma senza diventare un’arma di esclusione; e dove la mediocrità non venga più scambiata per misura del giusto mezzo, ma riconosciuta come un freno allo sviluppo umano e collettivo. Perché quando la mediocrità prende il sopravvento e il potere finisce nelle mani dei peggiori scivoliamo pericolosamente verso la cacocrazia: il governo dei peggiori, il punto più basso della degenerazione politica e morale.


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