GRAVI INDIZI DI REATO – Marco Vannini, omicidio o incidente?
È la sera del 17 maggio 2015, a Ladispoli, sul litorale romano, Marco Vannini, 20 anni, sta trascorrendo la notte a casa della fidanzata, Martina Ciontoli. Quella notte, in quella casa, qualcosa va terribilmente storto.
Intorno alle 23:00, un colpo di pistola parte all’improvviso. A sparare è Antonio Ciontoli, il padre di Martina, sottufficiale della Marina Militare, che dice di aver maneggiato per errore la sua arma d’ordinanza mentre Marco è nella vasca da bagno. Il proiettile colpisce il ragazzo all’altezza dell’ascella, perforando un polmone e provocando gravi lesioni interne. Ma il vero orrore non è solo lo sparo. È ciò che accade dopo. Invece di chiamare subito i soccorsi, i Ciontoli temporeggiano. Passano oltre 100 minuti prima che venga allertato il 118. Quando l’ambulanza arriva, la situazione è già gravissima. Marco è in condizioni critiche, perde conoscenza durante il tragitto verso l’ospedale. Muore poco dopo, in sala operatoria. L’autopsia rivela che Marco poteva essere salvato. Se i soccorsi fossero stati allertati subito, quella ferita non sarebbe stata letale. Da qui si apre un’indagine complessa, che smaschera una catena di omissioni, menzogne e depistaggi da parte della famiglia Ciontoli.
Durante le indagini e il processo, emergono intercettazioni, testimonianze, contraddizioni. Antonio Ciontoli cambia versione più volte. Inizialmente cerca di minimizzare, poi confessa lo sparo, ma continua a parlare di incidente. Anche Martina, la fidanzata, e il resto della famiglia Ciontoli vengono accusati di concorso in omicidio. Il caso fa scalpore. La famiglia di Marco, in particolare la madre Marina e il padre Valerio, si batte con forza affinché venga fatta giustizia. Partecipano a trasmissioni televisive, rilasciano interviste, chiedono verità e rispetto per la memoria del figlio. Nel 2018 arriva la prima condanna: Antonio Ciontoli è giudicato colpevole di omicidio colposo e condannato a 14 anni. La sentenza, però, viene ribaltata in appello: la pena scende a 5 anni, suscitando l’indignazione pubblica. La Cassazione annulla il verdetto e ordina un nuovo processo.
Nel 2021, finalmente, si arriva alla sentenza definitiva: Antonio Ciontoli viene condannato a 14 anni per omicidio volontario con dolo eventuale, mentre la moglie e i figli ricevono 9 anni e 4 mesi ciascuno per concorso anomalo in omicidio.
La giustizia, almeno formalmente, arriva. Ma per i genitori di Marco non potrà mai colmare il vuoto lasciato dalla sua perdita. “Marco non tornerà – dirà la madre Marina – ma almeno ora sappiamo che non è morto invano.”
Una storia, quella di Marco Vannini, che lascia un segno profondo, non solo nei tribunali ma nei cuori di chi ha seguito la vicenda, simbolo di una giustizia cercata con coraggio e mai dimenticata.
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