I femminicidi e i “mammoni”
Il ruolo della madre dietro i femminicidi: mentre si fa un gran parlare (spesso a sproposito) del presunto patriarcato dietro il totale disprezzo per la donna, tale da portare ad uccidere, è importante invece focalizzarci sul ruolo della figura materna in questi giovanissimi mostri dalla faccia da bravi ragazzi. Il legame tra madre e figli maschi è uno dei cardini della società, è un nesso addirittura ancestrale, un archetipo letterario, una miniera inesauribile di ispirazione ma anche di complessi, fobie, paranoie e psicosi. Non stiamo però parlando di quelle madri che difendono i figli assassini, rendendosi financo complici, con false testimonianze o persino con l’occultamento di prove (anche se Nietzsche diceva che “una madre ama di solito in suo figlio più sé che il figlio stesso”). Guardiamo a questo rapporto dal punto di vista dei figli maschi. I recenti femminicidi ci mostrano dei giovani adulti non ancora maturi, incapaci di sopportare un rifiuto o semplicemente di accettare la realtà dei fatti. Più che mascolinità tossica – abusatissimo concetto – qui è in campo la tossicità del rapporto madre-figlio. Se è normale che la madre sia per un figlio il suo primo riferimento femminile, come si sviluppa questo rapporto rappresenta uno snodo cruciale che incide profondamente nella psiche e nella sessualità del maschio. In soldoni, il distacco psichico dalla madre – tappa fondamentale dell’emancipazione -, la capacità di stare bene da soli – ossia l’essere adulti – sono prerequisiti fondamentali per un rapporto maturo uomo-donna. Qui invece siamo di fronte a giovanissimi o a adulti non maturi, che non sono in grado di costruire una relazione sana, basata sull’accettazione della donna reale, con tutti i suoi difetti. Una donna che non è sempre disponibile, che può sottrarsi ai desideri, perché è adulta, libera, indipendente. Qui non c’è la mamma sempre pronta a correre in aiuto del suo adorato bimbo. La misoginia quindi può scaturire dal non accettare – o perché non si vuole o perché non si è in grado – che una donna possa dire di no, possa respingere. L’orrore, la violenza efferata in questi casi sembrano quasi un disperato voler tornare nelle braccia della mamma che ti accudisce. Non è una giustificazione e non condividiamo la lettura quasi psico-sociologica di certe sentenze: un assassino che uccide per motivi abietti è un assassino e basta. Anche se debole e insicuro (senza la sua mamma accanto).
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