Allarme di Fitch, Fed e Wto per la guerra di Trump contro Pechino
E’ ormai chiaro che Trump intende usare la leva dei dazi come strumento di pressione globale e punta a costringere i partner internazionali a schierarsi contro Pechino, pena l’imposizione di pesanti barriere commerciali da parte degli Stati Uniti. L’annuncio ha avuto un impatto immediato sui mercati e sulle stime di crescita globale. Fitch ha rivisto al ribasso le previsioni per l’economia mondiale nel 2025, con un incremento atteso inferiore al 2%, ossia 0,4 punti percentuali in meno rispetto alle precedenti stime. Gli Stati Uniti vedranno una crescita limitata all’1,2%, mentre la Cina, nonostante un primo trimestre sorprendente al +5,4%, crescerà meno del 4%. L’Eurozona, intanto, rimane ancorata sotto l’1%. Il presidente della Fed, Jerome Powell, ha lanciato un monito: i dazi rischiano di alimentare l’inflazione statunitense – attesa in risalita fino al 4% – e di provocare un rallentamento più marcato del previsto. L’incertezza pesa sugli investimenti e sulla fiducia delle famiglie, mentre il calo dei mercati azionari sta erodendo la loro ricchezza. Le stime del WTO non sono più ottimistiche: per il 2025 è previsto un calo degli scambi mondiali tra lo 0,2% e l’1,5%. Nonostante le reazioni negative e le opposizioni interne – tra cui la causa intentata dal governatore della California, Gavin Newsom, che definisce “illegale” la crociata tariffaria di Trump – l’ex presidente tira dritto. In un’intervista a Fox Noticias, ha rivendicato i dazi come fonte di nuove entrate per gli Usa dopo “decenni di furti”, mentre negoziava con Tokyo e Honda annunciava il trasferimento della produzione della Civic ibrida dal Giappone all’Indiana. Secondo il Wall Street Journal, l’obiettivo della nuova strategia Usa è isolare economicamente la Cina, inducendo oltre 70 paesi a prendere impegni contro Pechino: dal blocco delle esportazioni cinesi attraverso i loro territori al divieto di insediamento di aziende cinesi, fino alla chiusura dei mercati ai beni industriali a basso costo. In cambio, Washington offrirebbe una riduzione delle proprie barriere tariffarie. A coordinare l’operazione è il nuovo segretario al Tesoro, Scott Bessent, che ha anche ipotizzato l’esclusione dei titoli cinesi dalle Borse Usa. Intanto, Pechino comincia a mostrare segnali di apertura, seppur condizionati. Le Poste di Hong Kong hanno annunciato la sospensione delle spedizioni verso gli Usa in risposta a quelle che definiscono “misure intimidatorie”. E mentre Xi Jinping prosegue il suo tour diplomatico in Asia per rafforzare l’area di libero scambio con l’Asean, il ministero degli Esteri cinese avverte: “Se gli Stati Uniti vogliono dialogare, devono smettere di esercitare pressioni e minacce. Solo su basi di rispetto e vantaggio reciproco sarà possibile negoziare”.
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