Attualità

Bettini parla, il Pd si spacca, Giorgia Meloni può brindare

di Dino Giarrusso -


Goffredo Bettini è un signore pacato, amante del cinema e dei libri, che non ha mai smesso di sognare una sinistra seria e credibile, che si candidi con autorevolezza alla guida del paese e convinca gli italiani a dargli fiducia. Già segretario della FIGC romana, pezzo grosso del PCI laziale, anima della propaganda di quel partito, figura preminente nelle sindacature di Rutelli e Veltroni, nonché della presidenza Zingaretti, Bettini è stato anche deputato, senatore ed europarlamentare. Ha un’esperienza invidiabile e ha vissuto gli anni epici di un cinema militante che non esiste più, a fianco di Bertolucci e Pasolini. Ma da anni ormai Bettini non ha un ruolo politico, passa molto tempo in Thailandia e preferisce elargire consigli piuttosto che rientrare nell’agone. In una sua intervista sul Fatto ha indicato (non è la prima volta che prova a farlo, ad esser precisi) la via che lui ritiene più adatta per creare una solida coalizione alternativa alla destra, e battere Giorgia Meloni. A giudicare dalle reazioni che le parole di Bettini hanno scatenato, crediamo che Meloni dovrebbe comperare un’altra cassa del miglior spumante italiano e tenerla in freddo per le prossime vittorie elettorali, magari portando intanto una bottiglia a Trump, hai visto mai che assaggiandola non gli passi l’idea di affossarci coi dazi. Se fossimo consiglieri di Meloni, infatti, le proporremmo di stipendiare alcuni leader del centrosinistra per continuare così, visto che in politica vincere è molto più facile se l’avversario ti spiana la strada. E quale strada è più spianata e comoda di quella dove non c’è di fatto un competitor chiaro, una coalizione credibile, un programma preciso e una piattaforma politica che possa sedurre i cittadini? Ora, riassumendo drasticamente il suo pensiero, possiamo dire che Bettini ammonisce il PD rispetto alla scarsa incisività della commissione Von der Leyen, insiste sull’importanza della figura di Giuseppe Conte (anche in chiave europea), minimizza il rischio di un possibile attacco russo all’Europa e constata il fallimento (dunque la fine di fatto) del mito della globalizzazione. Non interessa qui analizzare il suo pensiero, quanto le reazioni che arrivano da sinistra: Picierno parla di deriva preoccupante, di un “ripiegamento identitario lontano anni luce dal Partito Democratico delle origini”, e si preoccupa “non tanto per l’atteggiamento intollerante verso il pluralismo interno, quanto rispetto alla creazione di una alternativa credibile alle destre di Giorgia Meloni e Matteo Salvini”, in quanto la proposta di Bettini abbraccerebbe “un radicalismo insensato che nessuna esperienza di governo socialista in Europa, da Sanchez a Starmer, ha incarnato negli ultimi anni”. Applausi dell’area riformista per Picierno, applausi dei più filo-contiani per Bettini, sberleffi ed accuse reciproche sui social. Pigi Battista in radio dice (giustamente?) che il PD un’identità propria non l’ha mai avuta, che la destra ha una proposta chiara, magari detestabile ma chiara, mentre la sinistra non la ha, e che Bettini non conta più nulla se non su giornali i quali non contano più nulla, e sentenzia non da vecchio saggio ma da vecchio e basta. Chiara Geloni, molto vicina a Bersani, al contrario parla di “ottima intervista di Bettini”, ma aggiunge “leggendo i commenti riformisti chiedo: può un partito sopravvivere a questo livello d’incomprensione reciproca (se va bene) o malafede (se no)? Nel mondo che ci aspetta, avranno qualcosa in comune persone così incapaci di capirsi?”. Le altre decine di commenti di esaltazione o condanna di Bettini ve li risparmiamo, così come le parole dei militanti M5S sotto a qualunque alito che provenga dall’ala riformista del PD, che son spesso ai limiti dell’ingiuria. E spessissimo oltre. Alla domanda di Geloni, dunque, ci sentiamo di rispondere che non crediamo sia possibile sopravvivere, o perlomeno incidere realmente sul paese, per un partito con tale livello di incomprensione. Una domanda l’abbiamo anche noi, però: la Meloni non correrà il rischio di ubriacarsi di spumante, scorrendo ogni giorno in rassegna stampa i tormenti dei suoi teorici oppositori?


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