Ragusa, paghiamo noi pure il rinfresco d’addio
La commissaria della ex-provincia di Ragusa ha scelto di stanziare 4.000 euro dell’ente (soldi pubblici, soldi vostri) per un “saluto di fine mandato” della commissaria della ex-provincia di Ragusa. Lo sappiamo: sembra un refuso, uno scherzo o uno scioglilingua, ma non lo è. Proviamo allora ad immaginare quello che è successo negli ultimi anni a Ragusa -sempre con soldi nostri- come se fosse un film, o una favola da raccontare.
Immaginate una provincia italiana dove tante famiglie sono senz’acqua corrente, o devono convivere per lunghi periodi con un servizio a singhiozzo. Immaginate che l’ente gestore dei servizi idrici di quella provincia, Iblea Acque, nomini Amministratore Unico un signore che per legge non potrebbe ricoprire quel ruolo, se non per un solo anno e a titolo gratuito. Immaginate invece che venga pagato 95mila euro l’anno, per tre anni. Immaginate che quando un parere legale indica che quel dirigente appunto non potrebbe stare lì, retribuito, gli si chieda di restituire i soldi ricevuti, circa 190.000 euro. Immaginate che lui rifiuti, e che anziché essere rimosso resti al suo posto per tre anni, cioè fino a fine mandato, continuando ad essere lautamente pagato in barba a ciò che prevede la legge. Immaginate poi che una ex-provincia che ha circa 400 dipendenti ed un bilancio annuale da 200 milioni di euro, non venga gestita da un Presidente eletto dai cittadini, ma da una commissaria nominata dal Presidente della Regione. Immaginate che la commissaria decida di bandire un concorso per Direttore Generale in deroga alle regole dello stesso ente, chiedendo fra i requisiti l’aver lavorato in aziende con almeno 4 milioni di fatturato e 20 dipendenti, cifre irrisorie rispetto a quelle dell’ente. Immaginate che quel bando non venga pubblicato in Gazzetta Ufficiale, che partecipino solo in due, e che vinca un signore ben noto e attivo nella politica locale, nella quale aveva pure ricoperto un ruolo fino a pochi mesi prima, il che risulta incompatibile ai sensi di legge con l’assunzione. Immaginate che questo signore avesse lavorato fino a quel momento nell’azienda del padre che -le coincidenze!- aveva avuto proprio fatturati di poco superiori ai 4 milioni e contava poco più di venti dipendenti. Immaginate che a quel DG vengano date presto le deleghe al personale e alle gare d’appalto, e che lo stesso inizi a spendere con generosità inedita milioni di euro a disposizione dell’ente, con giubilo dei beneficiari. Immaginate che venga bandito un secondo concorso, stavolta a tempo indeterminato, anch’esso ben compatibile con il curriculum dello stesso signore. Immaginate che il bando venga reso pubblico in periodo natalizio e per pochi giorni. Immaginate che stavolta partecipino in otto, ma che sette vengano respinti e venga ammesso alle prove d’esame solo uno su otto, sempre lui. Immaginate che un giornale libero – questo giornale, L’identità – scopra queste anomalie e ne parli dettagliatamente, basandosi su dati di fatto inoppugnabili. Immaginate che il dirigente, arrabbiato per l’inchiesta de L’identità che racconta questi fatti, organizzi una conferenza stampa nei locali della provincia, e che decine di dipendenti in orario di lavoro si assentino per assistere a questa conferenza stampa, plaudenti. Immaginate che il dirigente dica ai presenti d’essere vittima di un’estorsione perpetrata ai suoi danni dall’editore di questo giornale. Immaginate che ribadisca di voler partecipare a quel concorso che è regolarissimo a suo dire, e che aggiunga frasi come “ho potere? Sì, ho molto potere” e “Questo è il mio momento”. Immaginate che la Regione a quel punto chieda spiegazioni e dopo due giorni il dirigente ritiri la sua partecipazione dal concorso. Immaginate che dopo il suo ritiro la commissaria, incredibilmente, revochi il concorso, il che lascia davvero pensare. Immaginate che la stessa commissaria poi sostituisca il responsabile anticorruzione – lo stesso che aveva bandito il concorso annullato – nominando un altro dipendente per quel ruolo. Immaginate che dopo due giorni due, la commissaria rimuova il nuovo responsabile anticorruzione che aveva nominato. Immaginate che dopo altri due giorni la commissaria rinomini il quel ruolo il dipendente che aveva rimosso cinque giorni prima. Immaginate che il DG assunto con quel concorso un po’ strano e poi prossimo a vincere da unico ammesso il concorso a tempo indeterminato poi revocato dopo la nostra inchiesta, intanto continui a farsi fotografare e intervistare dalle testate locali, a viaggiare a spese del contribuente per eventi a Milano e Roma, mediaticamente ritagliandosi di fatto un ruolo che normalmente spetta ad un rappresentante politico e non a un dipendente. Immaginate poi che la Regione indica finalmente le elezioni di secondo livello per la ex-provincia di Ragusa, dunque la commissaria dovrà congedarsi. Immaginate che in mezzo a tutti questi dubbi su concorsi svolti in modo quantomeno singolare e in parte ritirati, soldi pubblici spesi con generosità, accuse infamanti e continue marce indietro, quel DG firmi una determina che prevede la spesa di 4.000 euro, soldi di tutti noi, per una sorta di “cerimonia d’addio” della commissaria, la quale approva la determina di spesa: rinfresco, catering e materiale stampa, pagato da noi.
Adesso smettete di immaginare: quella commissaria si chiama Patrizia Valenti e mercoledì 16 aprile saluterà a spese nostre. Il DG vincitore di concorsi così singolarmente adatti al suo curriculum si chiama Nitto Rosso, già cuffariano e nominato a novembre 2023 segretario provinciale di Azione, come riporta Il domani ibleo. Per il suo ruolo viene pagato 140mila euro l’anno. Quel dirigente dell’Iblea Acque incompatibile per legge ma egualmente stipendiato con 95mila euro l’anno si chiama Francesco Poidomani. Il Presidente della Regione cui chiediamo di valutare se questo è un modo congruo di spendere denaro pubblico in una provincia che ha bisogno di tanti interventi, si chiama Renato Schifani. I cittadini della provincia di Ragusa hanno nomi forse meno noti, ma sono persone oneste che meritano rispetto e risposte. Non meritano invece, secondo noi, una realtà fatta di storie che si fa fatica anche ad immaginare, ma che purtroppo sono accadute realmente.
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