Cultura & Spettacolo

Psicodramma, Gestalt e l’arte della trasformazione

di Michele Enrico Montesano -


A fine ottocento in Romania nasce Jacob Levi Moreno, padre dello psicodramma. Considerato un pioniere per il suo approccio terapeutico attivo e relazionale, che rompeva con la psicoanalisi freudiana tradizionale. Il paziente interpreta attivamente ruoli e situazioni della propria vita reale o immaginaria, come su un palcoscenico terapeutico, inscenando i suoi conflitti. Nello stesso periodo, in Germania, nasce Fritz Perls, fondatore della Gestalt Therapy. La terapia della Gestalt (che significa “forma” in tedesco) punta alla consapevolezza del momento presente, al contatto autentico con sé stessi e con gli altri, e all’integrazione delle parti frammentate del Sé. Perls utilizzava spesso tecniche teatrali, come la “sedia vuota”, in cui il paziente dialoga con un’altra parte di sé o con un’altra persona immaginaria seduta di fronte. Entrambi i metodi usano il corpo, la voce e la scena come strumenti terapeutici. Il paziente non è solo “parola” ma anche presenza, azione, espressione. Il punto di partenza è la condizione umana, emotiva e psicologica dell’essere umano, osservata dai due terapeuti. Perls, ne L’Approccio della Gestalt, scrive riguardo l’uomo moderno, che “vive in uno stato di bassa vitalità. (…) è divenuto un automa pieno di angosce. (…) Fa finta di essere impegnato, ma la sua espressione facciale indica la mancanza di qualunque interesse reale. Di solito è impassibile, annoiato, distaccato o irritato. Sembra aver perso ogni spontaneità, ogni capacità di sentire e di esprimersi direttamente e in modo creativo. È bravissimo a parlare dei suoi guai e del tutto incapace a tener loro testa. Ha ridotto la vita stessa a una serie di esercizi verbali e intellettuali; si annega in un mare di parole. Al processo del vivere ha sostituito le spiegazioni psichiatriche e pseudopsichiatriche della vita. Passa un tempo infinito a cercare di riafferrare il passato o di plasmare il futuro. (…) Talvolta non è neppure consapevole delle sue azioni del momento”. Da qui la voglia di trasformare e cambiare in positivo questa condizione. Per “raggiungere l´autoconoscenza, la soddisfazione e l’autoappoggio”. Sia Moreno che Perls, anticipano tematiche di cui solo oggi si discute, come: la conoscenza di sé e l’auto accettazione. Rifiutavano gli schemi imposti dalla società di conformare l’uomo ad un modello di riferimento, individuale o sociale, interno o esterno, filosofico, morale, politico o religioso. Nello psicodramma, la terapia è una vera e propria rappresentazione teatrale con regole e ruoli (protagonista, io ausiliari, regista, pubblico) e come nella tragedia greca, da cui il teatro terapeutico ha preso molto, lo psicodramma porta alla liberazione emotiva. Moreno anticipa anche Boal e il suo “Teatro dell’Oppresso” vedendo il palco come spazio di consapevolezza, di cambiamento e verità. Nella Gestalt invece, non c´è il palcoscenico, il paziente è seduto sulla “sedia che scotta”, l’attenzione del terapeuta è focalizzata interamente sul soggetto e il gruppo ascolta sullo sfondo. L’altra grande differenza, infatti, sta nel ruolo svolto dal gruppo. Nella Gestalt non partecipa attivamente, come invece avviene nello psicodramma. Affinità e divergenze, di due metodi ma soprattutto di due studiosi e terapeuti che coraggiosamente sono andati contro la psicoanalisi classica, e hanno avuto il coraggio e il merito di creare nuovi percorsi. Donando al mondo nuove prospettive di cura e non solo. Infatti le tecniche di Moreno e Perls sono oggi usate nei laboratori teatrali anche non clinici per lavorare su autostima, fiducia, gruppo, narrazione di sé. Entrambe le pratiche valorizzano il linguaggio corporeo, le emozioni, il gesto, proprio come nella formazione attoriale. Diceva Eduardo De Filippo: “il Teatro porta alla vita e la vita porta al Teatro. Non si possono scindere le due cose”. Teatro o terapia, è sempre l’essere umano al centro. L’archè. E da lì, tutto può divenire.


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