Politica

Il riarmo Ue agita il Parlamento. Colloquio con Matteo Perego

di Giuseppe Ariola -


Il tema della difesa comune europea e il relativo piano di riarmo, comunque lo si voglia chiamare, continuano ad agitare i partiti, rendendo movimentate tutte le sedute parlamentari nelle quali si affronta la questione. Da un lato i risvolti senza dubbio imponenti, sotto diversi profili, del programma voluto dalla Commissione europea e, dall’altro, le differenti posizioni che coesistono all’interno di entrambi gli schieramenti politici e che serpeggiano in più di un partito, rendono infatti il dibattito sempre particolarmente animato. La discussione delle mozioni sul tema ieri alla Camera non ha fatto eccezione e nel gioco, ormai all’ordine del giorno, di lanciare la palla nel campo avversario sono finite anche questioni prettamente procedurali. Delle sette mozioni all’esame dell’Aula di Montecitorio sei erano state presentate dai gruppi di opposizione, ma solo il documento unitario della maggioranza ha avuto i numeri necessari per essere approvato. Il motivo del contendere è stata però la circostanza per la quale la mozione del centrodestra è stata abbinata ai testi presentati dalle opposizioni pur non contenendo, a differenza degli altri, al proprio interno la parola ‘riarmo’. Una questione chiaramente politica è quindi diventata un caso in punta di regolamento, al quale Movimento 5 Stelle, Partito democratico, Alleanza Verdi e Sinistra, Più Europa, Azione e Italia viva hanno tentato, invano di appellarsi, accusando la maggioranza di “offendere il Parlamento per mascherare le divisioni al proprio interno” è la sostanza del ragionamento. In effetti, del termine che tanto fa raccapricciare la pelle ad alcune forze politiche nel documento degli alleati di governo, che nella redazione dell’atto hanno dovuto trovare un difficile equilibrio con la Lega, non c’è traccia, sebbene figuri a chiare lettere l’impegno “a proseguire nell’opera di rafforzamento delle capacità di difesa e sicurezza nazionale al fine di garantire, alla luce delle minacce attuali e nel quadro della discussione in atto in ambito europeo in ordine alla difesa europea, la piena efficacia dello strumento militare”. Da qui le polemiche, come quelle di Ettore Rosato che ha evidenziato la presenza di “un aspetto politico evidente, oltre a quello regolamentare” e di Davide Faraone che ha accusato la maggioranza di aver escogitato “un vero e proprio trucco”. La questione è stata chiusa in Aula dal presidente di turno, Fabio Rampelli, che ha fatto presente come tutte le mozioni sul riarmo all’ordine del giorno affrontassero “altre questioni come il conflitto tra Russia e Ucraina e spese per la difesa, temi richiamati espressamente nella mozione di maggioranza e per questo ritenuta abbinabile“.
In Transatlantico, invece, a mettere un punto alle polemiche è stato il sottosegretario alla Difesa Matteo Perego che, parlando con L’identità all’uscita dell’Aula, dopo essere stato presente alla discussione in qualità di rappresentante del governo, ha posto l’accento sul fatto che “ciascun gruppo di opposizione abbia presentato una sua mozione che nessuno degli altri partiti ha votato, ma ci sono state posizioni differenti, mentre la maggioranza ha presentato un solo documento votato da tutti e quattro i partiti che sostengono il governo”. L’atteggiamento delle opposizioni sarebbe dunque strumentale a nascondere le loro divisioni, mentre la compattezza della maggioranza, per l’esponente di Forza Italia, è “un chiaro segnale che la nostra visione sia ben determinata di quelle che sono le cose che dobbiamo fare e le opportunità di questo programma Readiness 2030, che ovviamente nelle sue modalità deve essere rivisto, deve essere implementato, ma che sancisce un principio: dobbiamo rafforzare le nostre capacità di sicurezza e difesa, nell’interesse dei nostri cittadini, perché sicurezza e difesa sono un fondamento della società e perché questi settori oggi intersecano quelle tecnologie e quei domini operativi che afferiscono la vita quotidiana di tutti”.


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