Cronaca

Omicidio Giulia Cecchettin: “75 coltellate non un segno di crudeltà”, le motivazioni della sentenza

di Redazione -


Sono state rese note le motivazioni della sentenza della Corte d’Assise in merito all’omicidio di Giulia Cecchettin. Secondo i giudici, Filippo Turetta ha agito con “lucidità e razionalità” dopo aver ucciso Giulia Cecchettin, dimostrando “chiara e innegabile volontà di nascondere il corpo in modo quantomeno da ritardarne il ritrovamento”. I giudici definiscono “accurata” l’azione di occultamento del cadavere, sottolineando come essa confermi la piena consapevolezza del gesto e l’intento di ostacolare le indagini.

Tuttavia, nonostante le 75 coltellate inferte alla giovane, per la Corte non si sarebbe trattato di un atto mirato a “crudelmente infierire o per fare scempio della vittima”, ma piuttosto della “conseguenza della inesperienza e dell’inabilità” dell’imputato, pertanto non è stata riconosciuta l’aggravante della “crudeltà”. Le motivazioni della condanna all’ergastolo si basano anche su elementi oggettivi e soggettivi del reato, come la “scelta del luogo in cui abbandonare il cadavere, la distanza rispetto alla zona in cui si è consumato il delitto e le modalità in cui il corpo è stato lasciato”, che per i magistrati indicano un chiaro intento criminale.

Riguardo alla dinamica dell’omicidio, la Corte osserva che non è possibile affermare con certezza, “al di là di ogni ragionevole dubbio”, che il giovane volesse “infliggere alla vittima sofferenze gratuite e aggiuntive”, e che “non è a tal fine valorizzabile, di per sé, il numero di coltellate inferte”.

L’analisi delle immagini video ha mostrato che i colpi sono stati “rapidi e quasi alla cieca”, e che la violenza dell’atto, seppur “certamente efferata”, non appare frutto di una scelta lucida e premeditata nelle sue modalità. La Corte evidenzia inoltre come Turetta “non aveva la competenza e l’esperienza per infliggere sulla vittima colpi più efficaci, idonei a provocare la morte della ragazza in modo più rapido e pulito”. Egli avrebbe continuato ad accanirsi finché non si è accorto che Giulia “non c’era più”. Avrebbe infine smesso di colpire solo quando ha realizzato di aver ferito l’occhio della ragazza: “‘Mi ha fatto troppa impressione’, ha dichiarato. Orbene, considerata la dinamica complessiva… non si ritiene che la coltellata sull’occhio sia stata fatta con la volontà di arrecare scempio o sofferenza aggiuntiva”. Le ferite sono quindi ritenute frutto di una azione concitata “legata all’urgenza di portare a termine l’omicidio” e non rappresentano un “elemento significativo della sussistenza, in capo all’imputato, di volontà di voler infliggere in danno della vittima sofferenze aggiuntive e gratuite, necessaria al fine di poter ritenere integrata l’aggravante della crudeltà”.

Infine, i giudici nelle motivazioni della sentenza sottolineano come “l’aggressione a Giulia Cecchettin è durata complessivamente circa 20 minuti, lasso di tempo durante il quale ha avuto la possibilità di percepire l’imminente morte”. Tuttavia, “manca tuttavia la prova che l’aver prolungato l’angoscia della vittima sia atto fine a se stesso, frutto della deliberata volontà dell’imputato di provocarle una sofferenza aggiuntiva e gratuita”.

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