Il voto di scambio con la camorra: 10 indagati, nuovi arresti per “il re delle fritture” Franco Alfieri
Dall’alba di oggi la Sezione Operativa della Direzione Investigativa Antimafia di Salerno sta mettendo in esecuzione un’ordinanza di custodia cautelare in carcere e agli arresti domiciliari a carico di 10 indagati ritenuti responsabili di scambio politico elettorale politico mafioso, tentato omicidio aggravato dal metodo mafioso, estorsione aggravata dal metodo mafioso, detenzione, porto e cessione di armi da guerra e comuni da sparo e favoreggiamento personale. Tra loro, finito ai domiciliari e nuovamente arrestato (nell’ottobre scorso era finito in carcere), Franco Alfieri, per tutti e per sempre “il re delle fritture” cui il governatore della Regione Campania Vincenzo De Luca chiese il 15 novembre del 2016 di portare gli elettori a votare il referendum promosso da Matteo Renzi.
Non portò fortuna ad Alfieri – è stato sindaco di Torchiara, Agropoli e Capaccio Paestum oltre che presidente della Provincia di Salerno – il carosello di ambulanze che festeggiò nella notte tra il 9 e il 10 giugno del 2019 la sua elezione a Capaccio Paestum. E nemmeno l’apertura della sua campagna elettorale fatta nel Lido Kennedy di quel paese. Ambulanze e stabilimento balneare erano riconducibili a Roberto Squecci, condannato in via definitiva per associazione per delinquere di tipo mafioso perché ritenuto esponente dell’ala imprenditoriale del clan Marandino operante proprio a Capaccio Paestum: quella notte veniva eletta pure con 348 preferenze, “la più votata”, l’allora moglie di Squecci, Stefania Nobile, poi divenuta capogruppo della maggioranza di Alfieri in Consiglio comunale.
Quella notte del carosello non passò inosservata, finì sui giornali, l’allora presidente della Commissione Antimafia Nicola Morra la denunciò alla magistratura. Successivamente ne scaturì, dopo un iniziale sequestro dei mezzi di soccorso, l’operazione di polizia Croci del Silaro con 11 arrestati e il sequestro, fino in Romania, di beni per 16 milioni di euro.
Oggi, la più ampia definizione di un quadro gravissimo, coinvolgendo anche altri ex amministratori e dipendenti di quel Comune di 22mila abitanti che è sede di un sito archeologico Patrimonio dell’Unesco e cui 12 anni fa Giorgio Napolitano assegnò il titolo di “città”.
Il patto di voto di scambio tra Squecci e Alfieri, spiegano i magistrati, fu in qualche modo infranto dal sindaco perché quel Lido Kennedy, minacciato di abbattimento, fu infine colpito da un provvedimento in tal senso, a nulla erano serviti significativi messaggi minacciosi e trasversali indirizzatigli. Squecci si convinse perfino a commissionare ai danni di Alfieri un attentato dinamitardo chiedendo l’intervento di una “batteria” di Baronissi con la quale alla fine non raggiunse l’accordo definitivo. Ma era tutto pronto, i camorristi di Baronissi avevano l’esplosivo e pure armi da guerra, Uzi e Kalashnikov.
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