In Senato Giorgia Meloni tira dritto sull’agenda di governo
Le comunicazioni della premier Giorgia Meloni al Senato in vista del Consiglio europeo di domani, con la complicità di alcuni interventi degli esponenti dei partiti di opposizione, hanno offerto l’occasione alla presidente del Consiglio di fare il punto sui temi cardine dell’agenda di governo. Il dibattito a Palazzo Madama non è stato quindi incentrato esclusivamente sulla questione ucraina e sul programma di difesa comune europea diventato centrale nel panorama comunitario da quando è stato annunciato da Ursula von der Leyen. E la circostanza è tornata utile anche per compattare le file del centrodestra che come noto ha posizioni differenti, sia in Europa che in Italia, tanto sul piano RearmEu che sulle modalità con cui continuare a garantire sostegno all’Ucraina. Un primo segnale del clima unitario – anche se un po’ forzato – della maggioranza, che ha presentato, approvandola, un’unica risoluzione firmata dall’intero centrodestra (nella quale, in verità, manca un chiaro riferimento al piano della Commisione europea), si è avuto già non appena iniziata la seduta che ha visto la premier accomodarsi tra i banchi riservati al governo tra il vicepremier Antonio Tajani e il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, con il quale nei giorni scorsi ci sono state alcune frizioni proprio sulla questione della difesa europea. Apparentemente, quindi, tutto rientrato il che ha consentito a Giorgia Meloni di chiarire alcuni aspetti fondamentali prima di rappresentare la posizione italiana in Ue. Innanzitutto, la premier ha ammesso che “non funziona la narrazione di dire non ci sono soldi per fare nulla, e poi ci sono all’improvviso 800 miliardi per la difesa”, per poi precisare che “i soldi non ci sono neanche qui, perché non stiamo parlando di nuove risorse dell’Ue, o di soldi tolti ad altri bilanci: parliamo di una ipotetica possibilità che gli Stati possano fare maggiore deficit. È un annuncio molto roboante rispetto alla realtà e alla natura di quanto viene proposto, e bisogna segnalarlo”, ha poi ammesso. Così come un chiarimento c’è stato anche sul fatto che “un esercito europeo non è all’ordine del giorno. I sistemi di difesa sono basati su eserciti nazionali che all’occorrenza si coordinano”. Puntualizzazioni certamente utili sul fronte interno alla coalizione di governo, ma anche su quello esterno al perimetro della maggioranza per rispondere ad alcune obiezioni sollevate dall’opposizione. O meglio, dalle opposizioni, perché i partiti di minoranza si sono presentati all’appuntamento in Senato più divisi che mai, con ben quattro risoluzioni differenti l’una dall’altra. Per non parlare del faticoso lavorio effettuato dai pontieri in casa Pd per riuscire a presentarsi con un documento unitario. Alla fine la segretaria Elly Schlein ha spuntato il riferimento a una “revisione radicale” del piano di riarmo Ue nonostante la contrarietà dell’area riformista del partito a una linea che rischia di isolare il Pd nella famiglia dei socialisti europei. Ma come detto la presenza di Giorgia Meloni in Senato ha offerto l’occasione per affrontare anche altre questioni, con la premier che ha rintuzzato alle varie questioni sollevate dall’opposizione. A partire da premierato e dalla riforma della giustizia, definita come “improcrastinabile” perché, è l’attacco rivolto in particolare al Pd, “se avessimo voluto realizzare il vostro programma ci saremmo candidati con voi, invece ci siamo candidati da un’altra parte e i cittadini ci hanno chiesto di realizzare” queste riforme. Per quanto riguarda invece la situazione economica, ad attaccare il governo è stato soprattutto Matteo Renzi che ha chiesto a chiare lettere se all’orizzonte ci sia una manovra correttiva. Ipotesi nettamente smentita dalla premier perché gli “indicatori che dicono che in una situazione complessa l’Italia va meglio di altri partner”.
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