Attualità

Il Dna scova i killer a distanza di anni, tra certezze e dubbi

di Ivano Tolettini -


È una prova davvero infallibile? Siamo davvero sicuri che con il Dna gli assassini non sono più al sicuro anche a distanza di anni dalla commissione di feroci e all’apparenza inestricabili delitti? Se la genetica è assodato che aiuti le indagini, è altrettanto possibile che lascia margini di incertezze oltre ogni ragionevole dubbio per la soluzione anche dei “casi freddi”? Sono domande che tornano d’attualità dopo due recenti casi – uno eclatante come quello passato all’attenzione delle cronache nazionali come il “delitto di Garlasco”, dopo che nei giorni scorsi è stato indagato Andrea Sempio convocato in caserma per il test genetico, mentre l’altro caso è più confinato al Veneto come l’arresto del presunto killer dei coniugi Piero Fioretto e Mafalda Begnozzi a 32 anni dalla feroce esecuzione avvenuta a Vicenza il 25 febbraio 1991 -, che dimostrano come l’accertamento della verità è sempre tortuoso e la parola “fine” nelle indagini preliminari non è mai scontata.

Dunque, bisogna coltivare il dubbio, anche dopo che Corti d’Assise di primo, secondo e terzo grado si sono espresse e in apparenza il condannato è davvero il reo, oppure che indagini per delitti in apparenza senza soluzione all’improvviso ritrovano il bandolo della matassa investigativa per approdare al giudicato? Le tracce di Dna che apparterrebbero a Sempio e che sono state trovate sotto le unghie della povera Chiara Poggi , assassinata in casa sua il 13 agosto 2007, e per il cui delitto è stato condannato a 16 anni di carcere il fidanzato Alberto Stasi, riaprono il caso dopo 18 anni e cinque processi per un giallo che pareva risolto. Stasi si è sempre dichiarato innocente e un movente certo non è mai emerso nel corso dei vari grado di giudizio, se non quello teorico che la ragazza volesse lasciarlo, ma di cui non ci sono evidenze sicure.

È pur vero, al contrario, che due “piste fredde” come quelle degli omicidi della contessa Alberica Filo della Torre, uccisa a 42 anni nel luglio 1991 a Roma, e il cui caso fu risolto vent’anni dopo quando fu isolato il Dna del cameriere filippino Manuel Winston, che solo allora confessò di averla uccisa, e quello di Elisa Claps, scomparsa a Potenza il 12 settembre 1993 e ritrovata il 17 marzo 2010 nel sottotetto della chiesa
della Santissima Trinità, per il quale Danilo Restivo è stato condannato in via definitiva a 30 anni di reclusione nel 2014, sono state risolte grazie alla genetica. “Nessun killer è al sicuro”, ripetono dalla Polizia di Stato, che il 9 gennaio 2008 costituì un’apposita sezione per “riaprire casi di omicidio rimasti irrisolti per
cercare di trovare i colpevoli grazie alle nuove tecniche e metodologie delle scienze forensi (o di applicazione forense)”. Il gruppo investigativo venne organizzato nella sezione Omicidi della Squadra mobile di Roma e fu chiamato “Cold case”, dalla serie televisiva prodotta dal 2003 al 2010 negli Stati Uniti, che si occupava di una ipotetica sezione della polizia di Filadelfia comandata dalla detective Lilly Rush. L’intuizione ha avuto successo perché numerosi sono state le indagini su delitti insoluti che hanno visto la luce, come appunto quello che un anno fa ha visto il tribunale di Vicenza emettere un ordine di custodia cautelare in carcere per il calabrese Umberto Pietrolungo, perché il suo Dna è stato isolato su una pistola
giocattolo Molgora riadattata per uccidere e tre paia di guanti rinvenuti nella zona del feroce duplice omicidio dei coniugi Fioretto. L’imputato ha chiesto di essere processato con il rito abbreviato che si celebrerà nelle prossime settimane.

Il gup, intanto, ha accolto la sollecitazione degli avvocati difensori che hanno subordinato l’abbreviato a una nuova perizia su Dna e impronte digitali. Sarà una battaglia legale dello stesso tipo in cui si impegneranno i legali di Sempio, che potrebbero trovare, indirettamente, degli alleati negli avvocati della famiglia Poggi per i quali il giudicato nei confronti di Stasi certifica che il responsabile del delitto è lui al di là di ogni ragionevole dubbio.

Ma se fosse dimostrato che il Dna trovato sotto le unghie di Chiara è davvero quello di Sempio, come si dovrebbe giustificare quella presenza così intima? Che rapporto giustificherebbe? Domande al momento prive di risposte, ma che per forza di cose si sono posti gli inquirenti nel momento in cui hanno deciso di
riaprire il fascicolo per fare luce su quello che pareva un caso chiuso e che potrebbe riservare un clamoroso colpo di scena. Per adesso si scrive doverosamente al condizionale, anche se il Dna rimane pur sempre una prova regina.


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