Scandalo all’ASP di Trapani, 3.300 referti in enorme ritardo. La palla passa a Schifani
Lo scandalo che sta travolgendo la ASP di Trapani è ormai un caso nazionale, che ha visto scendere in campo anche il vicepresidente della Camera Mulè, peraltro schieratosi contro una scelta fatta dalla sua parte politica. Andiamo con ordine, perché di questa brutta storia noi de L’identità abbiamo anche qualche particolare inedito.
Maria Cristina Gallo, un’insegnante di 56 anni, fa un esame istologico e riceve il risultato -incredibilmente- ben otto mesi dopo. La donna scopre così assai tardi di avere un tumore aggressivo in fase metastatica. Quegli otto mesi di ritardo prima di poter iniziare le cure, che ci auguriamo tutti possano guarirla, potrebbe pagarli molto cari. Di certo c’è che è diritto del paziente conoscere in tempi ragionevoli il risultato di un esame clinico, specie se così importante: otto mesi sono un’eternità. Il caso ha poi sollevato il coperchio di un vaso di Pandora il cui contenuto emana un fetore nauseabondo. Pare siano 3.300 i referti in attesa di consegna, e spuntano ogni giorni nuovi casi, come quello di Paolo Robino, 74 anni, che è morto in attesa del suo referto, e dunque le cure non ha nemmeno potuto iniziarle: un vero orrore nel paese dove il diritto alle cure sanitarie è garantito dalla Costituzione. Come detto, Mulè ha presentato un’interrogazione parlamentare, e voci affidabili raccontano di un Presidente Renato Schifani arrabbiatissimo e fortemente deciso a risolvere la questione senza tentennamenti di sorta. Le opposizioni in Sicilia sono sul piede di guerra, ma al di là di generici richiami su una “sanità libera dalla politica” e sull’impiego di più fondi, non vanno. Ci sarebbe invece da affondare le lame nella carne viva del problema politico e gestionale, specie leggendo i numeri che hanno portato a questa vergogna. Se è vero come è vero che la ASP di Trapani e Castelvetrano soffre carenza di personale, è altrettanto vero che quello in carica offre prestazioni nettamente sotto la media. Secondo la Società Italiana di Anatomia Patologica e Citologia Diagnostica, un antonomopatologo dovrebbe effettuare almeno 2500 diagnosi l’anno, mentre secondo i risultati dell’ispezione voluta dalla Regione, i dirigenti medici anatomo-patologici avrebbero effettuato fra le 500 e le 1700 diagnosi all’anno, nel ‘23 e nel ‘24. Questo è uno dei sette punti che vengono contestati al direttore generale Ferdinando Croce. Proprio attorno alla figura di Croce, che in questo momento è centrale anche alle trattative fra i partiti dietro le quinte, abbiamo voluto scavare, trovando notizie interessanti che meritano di essere portate alla luce. Innanzitutto il dirigente, che ha un compito gravoso ed importante, è contemporaneamente assessore al comune di Giardini Naxos, con numerose deleghe: su questo batte la contestazione del M5S e la proposta di legge che vieta i doppi incarichi per i dirigenti sanitari. La nostra inchiesta sulla provincia di Ragusa (vi torneremo nei prossimi giorni con importanti novità), vi ha narrato di come lì alcune nomine dirigenziali siano avvenute con deroghe ai criteri previsti dalla legge, con tutto ciò che consegue in materia di disagio e di utilizzo discutibile di denaro pubblico. Così vogliamo vederci chiaro sulle competenze di Croce e sul suo curriculum. Innanzitutto, il dr. Croce aveva tentato un concorso per dirigente ARPA nel 2022, ma non aveva i requisiti richiesti, cioè cinque anni di ruolo da dirigente svolto altrove. Per i manager della sanità, però, la legge va oltre, e richiede comprovata esperienza dirigenziale, almeno quinquennale, nel settore sanitario, pubblico o privato, o settennale in altri settori, pubblici o privati, con autonomia gestionale e diretta responsabilita’ delle risorse umane, tecniche e/o finanziarie. Il problema è che dal CV di Croce si evincerebbe che lo stesso non pare abbia mai ricoperto il ruolo di dirigente sanitario, prima della nomina all’ASL di Trapani, né avrebbe per sette anni coperto ruoli dirigenziali nei modi richiesti dalla legge. Dunque non ci sarebbero i requisiti per quella nomina. Giacché pare che FdI stia facendo muro attorno a Croce ammonendo gli alleati, è bene precisare che Croce è invece stato capo di gabinetto vicario e capo segreteria tecnica nel gabinetto dell’ex-assessore oggi europarlamentare Ruggero Razza. Il punto è che pur valutando come dirigenziale quel ruolo (sulla cui legittimità qualcuno avanza dubbi poiché gli sarebbe stato assegnato pur non avendo Croce i requisiti di cui all’art. 19 comma 6 del dlgs 165/2001), è stato ricoperto da Croce per meno di quattro anni, dunque siamo ben lontani dai sette richiesti dalla legge. Eppure per essere stato nominato, Croce deve essere iscritto all’apposito Elenco nazionale dei soggetti ideonei, dove -appunto- vengono ammessi solo gli aventi quei requisiti minimi. Siamo di fronte ad un vero e proprio giallo, del quale vogliamo conoscere presto il finale. Perché se -e ci auguriamo non sia così- Croce fosse stato nominato a Trapani in mancanza dei requisiti di legge, saremmo di fronte ad una responsabilità politica che non sarebbe solo del dirigente, ma di chi lo ha fortemente voluto in un ruolo che a quel punto non sarebbe compatibile col suo curriculum. Siamo alle solite, insomma: nella lotta politica per le nomine -che in Sicilia è forse la parte più onerosa del lavoro di chi dovrebbe pensare a gestire la cosa pubblica per il bene dei cittadini ed invece vive invischiato in questioni di potere e poltrone- ancora una volta si insinua il dubbio di deroghe, o di regole che verrebbero addirittura scavalcate senza porsi troppi problemi. Speriamo non sia così, naturalmente, ma le carte ad oggi i dubbi non li tolgono, anzi li alimentano. Quei 170 tumori che -a quanto leggiamo da altri organi di stampa- sarebbero stati diagnosticati con grave ritardo per responsabilità dell’ASP di Trapani, sono 170 vite umane messe in pericolo, e 170 famiglie precipitate nella doppia angoscia di dover affrontare una tremenda malattia e con essa il pensiero che quel ritardo possa incidere sulla chance di batterla, la malattia. Tutto questo dolore, questo immane dolore, non stride in modo ancor più insopportabile quando ci si immerge nel sordido gioco delle poltrone su cui si scannano famelici i partiti, gestendo la cosa pubblica con criteri troppo spesso inadeguati alle leggi vigenti e al senso di decenza?
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