Economia

I dazi costeranno all’Italia (quasi) il 10% dell’export

di Giovanni Vasso -

epa09859395 An image made with a drone shows the US Coast Guard using tug boats to attempt to free the 1,100-foot container ship Ever Forward, which ran aground more than two weeks ago, in the Chesapeake Bay two miles offshore of Arcadia, Maryland, USA, 29 March 2022. Nearly a year ago its sister ship, Ever Given, got stuck in the Suez Canal, blocking ship traffic for almost a week. EPA/JIM LO SCALZO


L’Italia rischia di andare a sbattere per colpa della guerra dei dazi tra Unione europea e Stati Uniti d’America. La battaglia del vino, rilanciata dalla minaccia di Trump di portare il balzello doganale su alcol e spiriti europei al 200% “se l’Ue non toglierà l’odiosa tariffa del 50% sul whisky”, rappresenta soltanto la punta dell’iceberg. L’Istat, ieri mattina, ha svelato i numeri. E, con le cifre, i timori che la vicenda commerciale tra Bruxelles e Washington finisca per abbattersi, in maniera rovinosa, proprio sull’Italia. Il nostro Paese, stando ai dati diffusi dagli analisti dell’istituto nazionale di Statistica, nel 2024 ha “piazzato” il 48% del suo intero export fuori dall’Unione europea. Abbiamo fatto (molto) meglio di Germania, Francia e Spagna. Ma la direzione privilegiata delle vendite extra Ue italiane porta dritta oltre l’Atlantico. Gli Stati Uniti, da soli, rappresentano il 10 per cento dell’intero export italiano e il 20% circa di quello extra Ue. Coi dazi, va da sé, il dialogo commerciale con gli Usa si impoverirà. Insieme alle aziende italiane che rischiano di perdere uno dei mercati più ricchi e redditizi da sfruttare. L’accordo Ue-Mercosur, spacciato da Bruxelles come una sorta di alternativa agli States, non riuscirà mai ad assorbire il 10 per cento dell’export italiano che rischia di finire in fumo. L’analisi Istat, a proposito, è secca: “L’applicazione dei dazi preannunciati dall’amministrazione statunitense nei confronti dell’Ue potrebbe avere effetti rilevanti sul nostro Paese. Gli orientamenti protezionistici nella politica commerciale, soprattutto degli Stati Uniti, potrebbero influenzare negativamente la crescita del commercio nel breve e medio termine. L’Italia nel 2024 ha registrato un avanzo commerciale nei confronti degli Stati Uniti, fornendo un forte contributo al surplus dell’Unione Europea. Il surplus italiano ha riguardato maggiormente i settori manifatturieri della meccanica, alimentare, bevande e tabacco, tessile, abbigliamento, pelli e accessori e dai mezzi di trasporto”. Insomma, nessuno ci guadagna, in Italia, dalla guerra dei dazi. A cominciare dai viticoltori e dalle aziende vinicole che, con l’imposizione dei dazi al raddoppio di Trump, rischiano di perdere fino a 1,9 miliardi di euro. Il ministro all’Agricoltura Francesco Lollobrigida, però, invita tutti alla calma: “Bisogna dividere tra gli annunci e i fatti concreti, noi commentiamo più volentieri questi e nel frattempo ragioniamo su come trovare soluzioni, che a nostro avviso non sono mai le guerre commerciali, ma sono atteggiamenti diplomatici che mettono in condizione i paesi alleati strategicamente, per valori che condividono, di trovare soluzioni che siano confacenti da entrambi”. Ma il comparto italiano ha paura e a dargli manforte arrivano i “colleghi” spagnoli. José Luiz Benitez, dg della Federazione spagnola del vino, ritiene che l’applicazione dei dazi al 200% “eliminerebbe i vini spagnoli ed europei dall’intero mercato statunitense ed è qualcosa che non possiamo permetterci”.

E mentre il vicepremier Antonio Tajani incontra il Segretario di Stato Usa Marco Rubio, e chissà se si sarà almeno accennato ai dazi a carico dell’Italia, dalle istituzioni Ue arrivano nuove accuse a Trump. E stavolta è Christine Lagarde, governatrice della Bce, a sganciare missili dialettici sull’inquilino della Casa Bianca. Per Lagarde, intervistata alla Bbc, l’Ue non aveva altra scelta che “rispondere ai dazi americani” e ha minacciato: “Se entrassimo in una vera guerra commerciale in cui gli scambi venissero notevolmente ridotti, ci sarebbero gravi conseguenze per la crescita e per i prezzi in tutto il mondo, ma in particolare negli Stati Uniti”. E non è tutto: “Le decisioni di Trump, i suoi dietrofront, sono motivo di preoccupazione e ci spingono a rimanere estremamente vigili, causando un livello di incertezza che non vedevamo da molto tempo. Tutti soffriranno, questa è una costante nella storia del commercio. Alcuni paesi subiranno conseguenze maggiori, alcuni vedranno l’inflazione salire più di altri, ma tutti ci perderanno”.

Intanto, quasi a sorpresa, pure Tesla s’è schierata contro la politica di dazi. C’è da capirli: vendono in Europa, l’unico mercato al mondo che privilegia l’auto elettrica a costo di desertificare la sua stessa industria automobilistica, e non vogliono perdere quota né posizioni di mercato, in un momento così delicato per i suoi conti come l’attuale.


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