Sport

Insulto sessista a un arbitro donna dalla mamma di una giocatrice di basket

di Redazione -


Durante una partita di Serie D di pallacanestro a Motta di Livenza (Treviso), un’arbitra ventenne è stata vittima di un grave insulto sessista da parte di una tifosa. L’episodio è avvenuto l’8 marzo, durante la Giornata Internazionale della Donna. La giovane direttrice di gara aveva fischiato alcuni falli contro un giocatore della squadra di casa, scatenando la reazione offensiva della madre dell’atleta sugli spalti. La donna le ha urlato: “Vai a fare la prostituta, vai a casa”, preceduto da un sarcastico “Cosa ci fai qui l’8 marzo?”. Colpita dall’insulto sessista, l’arbitra si è fermata e ha iniziato a piangere, costringendo l’interruzione della partita per circa venti minuti. Il secondo arbitro, un uomo, l’ha supportata fino a quando si è sentita pronta a riprendere il match, poi concluso con la vittoria della squadra di casa. L’autrice dell’offesa è stata identificata, ma al momento non risultano provvedimenti nei suoi confronti né una denuncia da parte dell’arbitra. Antonio Florian, presidente regionale della Federazione Italiana Pallacanestro (FIP) per gli arbitri, ha espresso solidarietà alla giovane, riferendo che era più scossa per l’offesa legata all’8 marzo che per l’attacco personale. La società Pallacanestro Motta ASD ha preso le distanze dall’episodio con una nota ufficiale, ribadendo il proprio impegno per il rispetto e l’inclusione nello sport. A conferma di questa posizione, il club ha lanciato l’iniziativa “Me Gusta Fare l’Arbitro”, accompagnata dallo slogan “Se fossi tuo figlio, mi urleresti contro?”, per sensibilizzare il pubblico al rispetto degli arbitri. Anche il presidente della Regione Veneto, Luca Zaia, è intervenuto condannando l’accaduto: “Se un giovane arbitro donna viene insultato in questo modo da un’altra donna, significa che certi limiti di vergogna sono stati superati”. Ha poi espresso il suo sostegno all’arbitra, esortandola a essere orgogliosa di sé stessa. L’episodio ha sollevato indignazione, evidenziando come il sessismo sia ancora presente, anche in contesti che dovrebbero promuovere il rispetto e i valori dello sport.


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