VERDE COME I DOLLARI – Aiutiamoli a casa loro?
Mentre gli Stati Uniti di Donald Trump annunciano un drastico taglio ai fondi destinati alla cooperazione internazionale, l’Europa si prepara a stanziare 800 miliardi di euro in armamenti. Due scelte che sembrano scollegate, ma che in realtà sono il sintomo di una pericolosa deriva occidentale: la rinuncia a risolvere i problemi alla radice, preferendo la via dell’isolamento e del riarmo. La conseguenza più immediata è che i paesi occidentali avranno sempre meno risorse per affrontare le grandi sfide globali — cambiamenti climatici, povertà, terrorismo, malattie e migrazioni — nel loro luogo di origine. La famosa massima “Aiutiamoli a casa loro”, spesso brandita da chi vuole ridurre gli sbarchi, rischia di diventare una frase vuota, senza strumenti concreti per attuarla. E chi sarà il primo a pagarne il prezzo? Proprio l’Italia, il paese europeo più esposto ai flussi migratori, in particolare dall’Africa. Se davvero si vuole ridurre l’immigrazione incontrollata, il solo approccio repressivo è miope. Murare le frontiere è impossibile e aumentare i controlli serve a poco: la storia ci insegna che quando le condizioni nei paesi di origine diventano insostenibili, le persone continueranno a partire, anche a rischio della vita. E con meno investimenti in cooperazione, meno aiuti allo sviluppo e meno stabilizzazione politica, le crisi locali non potranno che aggravarsi. Di fronte al disimpegno americano dal continente africano, l’Italia ha un’opportunità unica: diventare partner strategico dei paesi africani. Ma attenzione, questa collaborazione non può limitarsi al solo contenimento poliziesco dei flussi migratori. Serve una vera cooperazione economica, capace di creare opportunità e sviluppo. È il momento di rilanciare il progetto di Unione Mediterranea, un’iniziativa da tempo trascurata ma in cui l’Italia può giocare un ruolo di leadership. Il continente africano è infatti essenziale per la transizione energetica ed economica. Invece di affidarci alle follie inquinanti dei gasdotti russi e asiatici, dovremmo investire nelle infrastrutture per lo sfruttamento dell’energia solare in Africa settentrionale e centrale, veicolando quella risorsa pulita verso l’Italia e l’Europa. L’Africa è anche ricca di terre rare, minerali essenziali per la transizione ecologica e tecnologica dell’industria europea. Piuttosto che lasciare il monopolio alla Cina, l’Italia dovrebbe costruire un partenariato strutturale per un accesso sostenibile a queste risorse, garantendo benefici reciproci e riducendo la dipendenza dalle potenze extraeuropee. Se il nostro Paese vuole davvero ridurre la pressione migratoria senza tradire i propri valori e interessi, l’unica via è aiutare l’Africa a modernizzarsi e a stabilizzarsi. Non si tratta di assistenzialismo, ma di un’opportunità economica e politica di lungo termine. Investire in infrastrutture, energie rinnovabili e cooperazione industriale significa generare ricchezza e occupazione, creando le condizioni per una riduzione spontanea dei flussi migratori. La sicurezza non si costruisce solo con le armi, ma con politiche intelligenti che prevengano i conflitti e riducano le disuguaglianze. L’Italia può essere il ponte tra Europa e Africa, trasformando la crisi migratoria in una nuova stagione di cooperazione e sviluppo. Perché il vero interesse nazionale non è chiudersi, ma costruire un futuro condiviso.
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