Attualità

Il CARRELLO DELLA SPESA – Il mondo vuole i cannoni ma il burro rincara più che mai

di Giovanni Vasso -


Il burro c’entra sempre. Passano gli anni.  Si alzano e s’ammainano le cortine di ferro. Si sbriciolano i villaggi globali, riappaiono gli steccati internazionali ma alla fine aveva ragione il vecchio Nikita Chruščëv. Il dilemma è sempre lo stesso: burro o cannoni. In queste settimane il mondo sembra propendere per il secondo corno dell’eterno dilemma dei governi di ogni epoca. Dalla Cina all’Europa, passando per gli Stati Uniti, è tutta una corsa a perdifiato al riarmo, al rialzo delle spese militari. E mentre ci si prepara a spendere fiumi e fiumi di denaro per i cannoni, il prezzo del burro resta altissimo. Almeno in Italia. Dove qualche pur timido segnale di rientro dei costi c’è stato. Ma, appunto, è stato tanto timido da rivelarsi quasi impercettibile.

A metà febbraio, stando alle rilevazioni di Borsa Merci Telematica italiana, il prezzo del burro pastorizzato è calato fino a raggiungere il costo di 5,33 euro al chilogrammo. Chiaramente, si tratta di prezzi all’ingrosso e non al dettaglio. Un segnale positivo, per carità. Ma solo se si guarda al breve periodo. Già, perché se lo sguardo si allunga a tutto l’anno passato ci si accorge che il condimento tra i più utilizzati dagli italiani ha subito rincari fino al 48%. In pratica, in un anno, il prezzo del burro s’è quasi raddoppiato.

Un’analisi che traccia conclusioni molto simili è stata quella di Assoutenti e Centro di formazione e ricerca sui consumi. L’indagine ha stimato che i rincari al dettaglio che hanno interessato il burro sono stati, nel 2024, nell’ordine del 48,8%. La città dove il burro, ai consumatori, è costato di più è stata Torino con quotazioni che hanno sfiorato i 16 euro al chilo (per la precisione, 15,85 euro) mentre la meno cara è stata Firenze con prezzi proposti di poco superiori ai dieci euro (10,07 euro al chilo). Il prezzo medio al dettaglio, sull’intero scenario italiano, s’è attestato sui 13,35 euro al chilogrammo. La ragione alla base degli aumenti, anzi della stangata 2024, sul burro sarebbe da ricercare nella minore produzione di latte registratasi in Europa a causa, dicono gli esperti, della riduzione dei pascoli e dell’insorgere di condizioni climatiche sfavorevoli.

La parabola del burro è in salita da tempo, però. Non è una questione recente. Anzi. Il Codacons difatti ha stimato che, nell’ultimo triennio, il prezzo del burro sia salito del 37,6%, registrando una delle peggiori performance rialziste tra le materie prime alimentari. Solo olio di oliva (+72,7%), zucchero (+46,1%) e riso (+43,1%) hanno fatto di peggio.

Tuttavia la questione non è solo italiana. Anzi, il prezzo del burro è diventato un problema (vero) europeo. In Polonia i costi sono schizzati alle stelle: a dicembre scorso costava 8,7 euro al chilo, segnando un aumento pari al 49%. Il governo, che ne conserva una riserva strategica, è stato costretto a intervenire. Varsavia, per calmierare i prezzi e frenarne l’accelerata, ha rilasciato nel mercato una “bomba” stabilizzatrice da mille tonnellate di materiale. Non è andata meglio nella Mitteleuropa dove, stando ai dati Clal, i ricari sono stati nell’ordine del 49% in Slovacchia mentre in Germania, dove un panetto da 250 grammi veniva a costare tra i 2,40 e i 4 euro, si sono “fermati” al 40%. Così come è accaduto anche in Repubblica Ceca. Passano gli anni ma il dilemma resta sempre lo stesso. Cannoni o burro. Il mondo è pronto a svenarsi in cannoni, il burro già dissangua le famiglie.


Torna alle notizie in home